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Questo articolo è stato pubblicato il 19 marzo 2014 alle ore 16:50.
L'ultima modifica è del 19 marzo 2014 alle ore 17:54.

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La ripresa dell'economia italiana stenta a prendere vigore e questo «mette a rischio le previsioni di un incremento del Pil superiore allo 0,5% nel 2014». Lo sottolinea il Centro Studi di Confindustria. La precedente stima del Pil del CsC accreditava un aumento del Pil allo 0,7% per quest'anno.

L'incertezza sulla solidità dello scenario globale e gli handicap competitivi
La ripartenza dell'economia italiana è frenata da due fattori. Sul fronte esterno, mette in evidenza il report, agisce «la grande nebbia dell'incertezza sulla solidità dello scenario globale» e «sul fronte interno operano gli handicap competitivi, strutturali e le lunghe code della crisi». A questo si aggiunge che, si legge nell'analisi del CsC, l'incertezza «trova sempre nuove fonti che la alimentano come le tensioni attorno all'Ucraina».

Crisi ucraina: a rischio 11 mld di importazioni dall'Italia
Proprio in merito alla crisi ucraina, il Centro studi di Confindustria segnala che una eventuale escalation delle sanzioni verso la Russia metterebbe a rischio «11 mld di importazioni dall'Italia». Anche perché «un terzo dell'import russo dall'Italia è riconducibile a beni di consumo che sono i settori made in Italy più esposti a un'eventuale escalation delle sanzioni».

I nodi: stretta al credito e domanda interna debole
Ma la vera partita per agganciare la ripresa si gioca sul fronte interno. L'attenzione va posta, secondo viale dell'Astronomia, «sugli ostacoli fatti in casa, tutto ciò che rende il paese poco attrattivo per gli investimenti: dall'eccessiva regolamentazione ai tempi lunghi della pubblica amministrazione, dalla tassazione alta (in particolare il cuneo fiscale) all'inefficienza della spesa pubblica». A questi nodo si aggiungono la restrizione del credito «che è tornata a mordere a gennaio» e una «domanda interna molto fiacca». Infine, i debiti della Pa: i pagamenti degli arretrati della pubblica amministrazione alle imprese sono arrivati «lentamente» a 22,8 miliardi di euro.

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