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Questo articolo è stato pubblicato il 06 aprile 2014 alle ore 16:48.
L'ultima modifica è del 07 aprile 2014 alle ore 07:28.

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La rivendicazione dei tarantini a favore della tutela della salute e di un ambiente libero dall'inquinamento industriale torna di nuovo a incrociarsi con i destini dell'Ilva, la più grande acciaieria europea da due anni al centro di una tormentata vicenda. Oggi, nonostante la pioggia, in tremila si sono ritrovati nell'area alle porte di Taranto tra la discarica di rifiuti Italcave e una delle portinerie del siderurgico. C'erano cittadini, famiglie intere, bambini, esponenti dei movimenti ambientalisti venuti anche dal resto della Puglia e da altre regioni, tutti accomunati da una sola richiesta: il rispetto della vita.

E domani lo staff che sta affiancando il commissario dell'Ilva, Enrico Bondi, nella predisposizione del piano industriale incontrerà i rappresentanti delle tre banche che stanno discutendo con l'azienda i temi della finanziabilità del piano e dell'aumento di capitale. Si tratta di Unicredit, Intesa San Paolo e Banco Popolare. Un incontro non risolutivo, nè definitivo, ma che dovrebbe servire ad entrare un po' più nel merito. E così se da un lato la città preme perchè vuole che ci siano finalmente risposte concrete alle domande poste da tempo, dall'altro l'Ilva cerca di accelerare il percorso di risanamento e rilancio. A quasi un anno dall'insediamento, che avvenne il 4 giugno scorso, Bondi è infatti chiamato a delineare il futuro dell'azienda. Che, se ha come priorità l'attuazione delle prescrizioni ambientali dell'Aia e la messa in sicurezza dello stabilimento, non può non guardare alla fase successiva, ovvero come questa realtà, che in termini diretti esprime 11mila posti di lavoro, affronta la competizione internazionale, l'innovazione, il mercato e il riposizionamento strategico.

Aria pulita hanno chiesto quanti oggi hanno attraversato in corteo, per un tragitto di circa 4 chilometri, la strada provinciale che collega Statte, comune vicino al capoluogo, a Taranto. Un'area simbolo se si considera che corre parallela agli impianti dell'Ilva, alle discariche dei rifiuti, al deposito di fusti tossici come l'ex Cemerad di Statte. Ma anche una data simbolo se si tiene conto che un anno fa, il 7 aprile del 2013, Taranto era di nuovo in piazza alla vigilia di due appuntamenti importanti: la decisione della Corte Costituzionale sulla prima legge sull'Ilva, la 231 del 2012, e il referendum consultivo cittadino sulla chiusura parziale (la sola area a caldo) o totale dell'acciaieria. Di lì a qualche giorno finì che la Consulta (il 9 aprile) bocciò le eccezioni di incostituzionalità sollevate dalla magistratura di Taranto e dichiarò costituzionale la legge mentre il referendum sulle sorti della fabbrica (13 aprile) nemmeno si avvicinò al quorum richiesto per la sua legittimazione.

Un anno dopo, le leggi sull'Ilva sono diventate tre - che salgono a quattro se si aggiunge quella sulla pubblica amministrazione che contiene anche un capitolo Ilva - e l'azienda è stata commissariata per 36 mesi. Inoltre, sta per partire il processo (il 19 giugno con l'udienza preliminare) a seguito dell'inchiesta giudiziaria mentre la situazione ambientale della città è migliorata. Gli inquinanti più pericolosi (benzoapirene e diossina) sono infatti registrati dall'Arpa Puglia in netto calo. Ma solo perchè lo stabilimento sta producendo molto meno rispetto al suo standard. I nodi più intricati, tuttavia, devono essere ancora sciolti. Perchè gli interventi di risanamento non sono ancora entrati nel vivo e perchè il piano industriale deve ancora "decollare". Su entrambi i fronti servono molte risorse se si considera che l'ultima previsione porterebbe i costi complessivi da 3 a 4 miliardi e 300 milioni di euro, sia pur spostando l'orizzonte temporale del piano industriale dal 2016 al 2020. Sarà quindi importante capire domani quali segnali verranno dalle banche. Eppoi in che tempi si dispiegherà la manovra dell'aumento di capitale dell'Ilva che l'ultima legge ha finalizzato al risanamento. Ai cittadini che oggi hanno manifestato per l'ambiente, il piano dell'Ilva gestione Bondi una risposta sembra darla: il progressivo consolidamento della produzione di acciaio fatta col preridotto di ferro e col gas anzichè con l'agglomerato di minerali e il carbon coke. Un sistema che consente di abbattere ulteriormente le emissioni di due aree critiche come l'agglomerato e le cokerie. Ma soprattutto una ristrutturazione del siderurgico che va al di là delle prescrizioni dell'Aia e che assicura un futuro industriale e di lavoro alla città coniugandolo al rispetto ambientale. Il punto è capire quanta condivisione a Taranto e fuori Taranto ci sarà.

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