Lo Stato contro lo Stato. A Chioggia, sul bordo della laguna di Venezia, in mezzo al porto nuovo, sul pontile di Val da Rio,
a fianco del ponte del Musichiere e del viale Maestri del Lavoro, in riva alla palude Marlonga, tra i pescherecci che affollano
il canal Lombardo, a 200 metri dalle case popolari dei Saloni, tra pochi mesi funzionerà il deposito da 10mila metri cubi
di Gpl, un sarcofago a forma di teglia di tiramisù (o di mastaba egizia) lungo 62 metri costruito dalla Costa Bioenergie, del gruppo Socogas di Fidenza (Parma) fondato da Renzo Zucchi presidente e oggi guidato da Gian Paolo Zucchi amministratore delegato.
Costo previsto sui 35 milioni, di cui una ventina già spesi.
Giovedì scorso il Consiglio di Stato ha detto che tutto è in regola e l’impianto si può fare.
Alt, fermi tutti. La sera di giovedì 7 marzo il ministero dello Sviluppo economico ha comunicato invece che vuole «riesaminare l’intero iter autorizzativo» e ha convocato un confronto per il 19 marzo.
Nuova puntata: nel pomeriggio dell’8 marzo l’azienda ha contro-replicato allo Sviluppo economico minacciando anche rivalse
economiche contro i ministeri.
Il pasticcio
● Il 26 maggio 2015 lo Stato con un decreto interministeriale autorizzò come “strategico” l’impianto approvato dal Comune di
Chioggia.
● Il Comune di Chioggia poi fece ricorso al Tar contro l’approvazione data dal Comune di Chioggia e dal Governo.
● Il Tar poi ha bocciato il ricorso del Comune e ha approvato il progetto.
● Il ministero dello Sviluppo economico di recente si è opposto contro l’autorizzazione che era stata concessa dallo Sviluppo
economico e in gennaio ha auspicato la «nullità dell’autorizzazione finale».
● Invece l’Avvocatura dello Stato ha ritenuto corretto l’impianto.
● Contro l’impianto, i ministeri delle Infrastrutture e Beni culturali hanno affiancato nel loro No Gpl lo Sviluppo economico.
● Giovedì scorso in opposizione contro il Comune e lo Sviluppo economico, il Consiglio di Stato ha ri-approvato il progetto,
che ora può essere completato.
● Ieri lo Sviluppo economico ha rifermato tutto: vuole rivedere l’autorizzazione di quattro anni fa.
● Oggi l’azienda ha contestato la nota dello Sviluppo economico.
La decisione dei giudici: tutto in regola
Se il lettore è rimasto confuso, s’immagini lo sconcerto dei giudici del Consiglio di Stato, sezione sesta, presidente facente
funzioni Diego Sabatino.
Sulla sentenza di giovedì scorso i magistrati hanno scritto con chiarezza due cose:
● la procedura autorizzativa seguita dall’azienda è ineccepibile
● e, seconda certezza, sulle questioni trattate «non constano precedenti».
Cioè: mai successo prima che si vedesse in questa maniera lo Stato contro lo Stato.
Aggiunge ancora il Consiglio di Stato: «L’amministrazione stessa avrebbe potuto, e dovuto, chiedersi se la necessaria istruttoria
sugli interessi paesaggistici fosse o no stata fatta, e in caso negativo eseguirla, ovvero scegliere di respingere la domanda
del privato. Se ciò non si è verificato, dipende da una scelta dell’amministrazione».
Traduzione: se il Governo ritiene sbagliata l’autorizzazione che aveva concesso, non deve mandare memorie e pareri a noi giudici
nella speranza che risolviamo il suo problema, bensì deve semplicemente prendere la responsabilità (e i rischi) di ritirare
in autotutela l’autorizzazione.
Com’è naturale, se avesse ritirato l’autorizzazione che aveva concesso il Governo avrebbe mandato agli investitori e alle imprese un segnale pessimo dell’immagine dell’Italia.
Lo Sviluppo economico non cede
E invece il ministero dello Sviluppo economico conferma di avere rovesciato il parere rispetto a quattro anni fa e ripete
il suo no.
Ieri sera ha diramato una nota ufficiale: «La sentenza del Consiglio di Stato dello scorso 28 febbraio in merito alla realizzazione
del deposito costiero di prodotti Gpl, situato in Val da Rio nel Comune di Chioggia, si riferisce solo all’opera infrastrutturale,
ma non autorizza l’avvio di alcuna attività che prevede il traffico di navi gasiere all'interno della laguna di Venezia e
la commercializzazione di materiali petroliferi».
Scrive il ministero: il porto di Chioggia si caratterizza per una stretta vicinanza del canale navigabile al centro cittadino
e a zone densamente popolate, «pertanto l’eventuale transito di navi gasiere comporta necessariamente una modifica del piano
regolatore portuale che attualmente non consente tale attività. Procedimento, quest'ultimo, che non è stato mai effettuato
in relazione al costruendo impianto di deposito Gpl».
Di conseguenza, lo Sviluppo economico vuole rimangiarsi l’autorizzazione concessa quattro anni fa: all’indomani del suo insediamento,
il ministro Di Maio aveva dato immediate indicazioni per avviare un’istruttoria che bloccasse l’iter.
Colpevoli, i «precedenti governi». Avevano autorizzato il progetto «a 250 metri dal centro cittadino della città di Chioggia.
Il ministero dello Sviluppo economico, il ministero delle Infrastrutture e dei trasporti e il ministero per i Beni e le attività
culturali avevano pertanto trasmesso al Consiglio di Stato un documento nel quale veniva espressa la netta contrarietà alla
realizzazione dell’opera. L’obiettivo prioritario del Governo è infatti quello di preservare prima di tutto la sicurezza dei
cittadini del Comune di Chioggia, l’intera economia del territorio che rischia di venire compromessa da questa attività, nonché
la tutela della laguna di Venezia che fa parte del patrimonio Unesco».
Conclusione: per riesaminare l’intero iter autorizzativo, lo Sviluppo economico ha convocato per il 19 marzo un tavolo di confronto con tutti i ministeri e le parti coinvolte.
Ecco la convocazione di ieri sera:
Su indicazione del Gabinetto di questo Ministero e facendo seguito all'incontro che si è svolto in data 29 gennaio 2019, si
informa che è convocata una riunione presso questo Ministero per il giorno 19 marzo p.v. alle ore 11 tra le parti interessate,
che avrà come oggetto il riesame congiunto della situazione del deposito GPL ubicato a Chioggia.
La riunione avrà luogo presso la Sala Commissioni posta al VII piano di questo Ministero.
L’azienda contro-replica allo Sviluppo economico
Nel pomeriggio la società Costa Bioenergie con una nota dai toni di avvocatile dignità ha risposto al comunicato dello Sviluppo
economico.
L’azienda «non può che limitarsi a prendere atto del comunicato del Mise che, nel merito, ovviamente non condivide. Infatti,
come già rappresentato dai propri legali in occasione del primo incontro del 29 gennaio scorso, il decreto interministeriale
del 26 maggio 2015 ha autorizzato non solo la realizzazione dell'infrastruttura (che la legge definisce strategica) ma, ovviamente,
anche l’esercizio dell’attività imprenditoriale».
Aggiunge l’azienda: «Ciò è quanto chiaramente previsto dalle norme di legge applicabili in questo caso, puntualmente ribadite
dalla sentenza del Consiglio di Stato del 28 febbraio, che anche il ministero e tutti gli altri soggetti interessati, pubblici
e privati, sono tenuti a rispettare».
Poi l’azienda parla di soldi e di azioni di rivalsa: «Costa Bioenergie srl ha investito nell’opera oltre 35 milioni di euro
e, pertanto, anche per gli obblighi di legge che gravano sugli amministratori, la società, in caso di comportamenti violativi
delle norme e della sentenza del Consiglio di Stato, non potrà non esercitare tutte le azioni (anche risarcitorie) che la
legge attribuisce a tutti i cittadini in caso di comportamenti illegittimi o addirittura illeciti delle pubbliche autorità».
L’azienda aggiunge una nota sul «diritto di pretendere il rispetto della legge da parte di tutti i suoi interlocutori, specie
se titolari di funzioni pubbliche».
Un cenno di conciliazione che sembra il prodotto di uno studio legale: «In ogni caso la società auspica che prevalga il doveroso
rispetto dei principi di buona amministrazione e di leale collaborazione che debbono caratterizzare (per legge) l’operato
di tutte le pubbliche amministrazioni».
Sull’appuntamento fissato dal ministero, l’azienda conclude che sarà presente «pur nutrendo perplessità su riunioni che, per
loro natura, non consentono di affrontare in modo serio ed approfondito tematiche di carattere tecnico-giuridico, e cioè le
uniche questioni sulle quali la società ritiene di poter interloquire, esulando dalla propria sfera di competenza eventuali
profili di natura politica».
Tutto in regola
Giorni fa dopo nell’esultare per la sentenza del Consiglio di Stato l’azienda aveva scritto di aver seguito nella sua interezza
l’iter previsto per gli impianti “strategici”.
Dice la Socogas: i ministeri competenti hanno coinvolto nel procedimento gli enti interessati, comprese le autorità locali,
chiamandole a esprimersi in sede di conferenza dei servizi, ricevendo tutti pareri favorevoli, incluso quello del Comune di
Chioggia e della Provincia di Venezia sotto il profilo ambientale analizzato con particolare approfondimento. Nemmeno un dubbio,
un “però”, un “tuttavia” da nessuno degli enti; segno che fosse ineccepibile.
C’è stata un’intesa Stato-Regione sul progetto con tutte le connesse conseguenze giuridiche.
Aggiunge la Socogas che tutte le informazioni necessarie relative alle caratteristiche del deposito sono state fornite alle
autorità comunali, provinciali e regionali.
Tutti ma proprio tutti gli enti locali coinvolti hanno espresso parere positivo; esposto il progetto all’albo pretorio del
Comune, nessun soggetto pubblico o privato ha manifestato contrarietà alla realizzazione.
Dopo un anno dall’avvio, nel 2015 l’iter si è concluso con l’emissione del decreto interministeriale di autorizzazione.
Tradizioni popolari
Nella chiesa di San Giacomo a Chioggia fra gli altari del Reliquiario e delle Anime del Purgatorio si espongono le “tolèle”, gli ex-voto popolari chioggiotti
in forma di tavoletta dipinta.
Nei quadretti della religiosità popolare chioggiotta si vedono pescatori in mare scampati per miracolo al fortunale furibondo, bragozzi e trabaccoli fulminati dal lampo per miracolo intatti, carrettieri salvati per miracolo sotto i cavalli imbizzarriti e sempre la sigla P.G.R. (per grazia ricevuta) con l’effigie miracolosa della B.V. della Navicella.
In un’Italia che paralizza qualsiasi progetto, in cui le amministrazioni bisticciano su una virgola, fino a pochi giorni fa
la Costa Bioenergie pareva avere attraversato indenne le tempeste della burocrazia, i lampi dei comitati nimby e i ribaltoni
della politica ed è riuscita a completare in tempi veloci e secondo tutte le regole un intero impianto per il Gpl ben infrastrutturato,
appoggiato anche su aree demaniali e reso competititvo anche da accosti navali finanziati dalla Ue, fondi Fers asse 4 azione 4.2.1.
L’azienda sottolinea che non si è trattato di un miracolo bensì è il risultato di un iter condotto con correttezza.
C’è da osservare che comunque l’univocità di consensi si è interrotta con il cambiamento di scenario politico, mettendo fra
le gambe del progetto l’inciampo immancabile del contenzioso.
I tre nomi dei gatti
Il poeta inglese Thomas S. Eliot spiegò che i gatti hanno tre nomi, quello famigliare, il nome ufficiale e un nome segreto sacro e inesprimibile, noto solamente al gatto e alle divinità.
Così attorno alla colonna di piazza Vigo esiste l’unica città-gatto del mondo e anch’essa come tutti i gatti ha tre nomi; uno è Ciosa (famigliare), il nome ufficiale
è Chioggia, e poi c’è il terzo nome che conoscono i chioggiotti e le divinità, e io non lo scrivo perché è inesprimibile.
Ma tutto a Chioggia ha il nome triplice dei felini, quello ufficiale, il nome popolare e quello sacro.
Che c’entra questo con Chioggia?
Lo racconterò fra poche righe.
Intanto: l’impianto del Gpl è pronto, mancano le finiture. Ha le banchine cui far ormeggiare le navi gasiere, i piloni per l’illuminazione come se fosse giorno, le torrette antincendio, la copertura d’erba che nasconde tre immensi sigari d’acciaio, gli scivoli dove far caricare le autobotti che porteranno il Gpl ai consumatori del piano padano.
L’impianto è realizzato in freso al ponte del Musichiere.
Che poi ufficialmente si chiama ponte Nicolò de Conti, dedicato a un esploratore e navigatore chioggiotto del Quattrocento.
Ma tutti chiamano in un altro modo quel ponte, ponte del Musichere, con il nome della trasmissione televisiva Il Musichiere che era popolarissima sul canale nazionale della Rai.
Era il 1958 e un concorrente, il chioggiotto Giorgio Bullo, spiegò al pubblico in bianco e nero che il quartiere Saloni con
le sue fabbriche e i suoi 3mila abitanti era isolato dal quartiere Tombola con le strade e l’allacciamento alla statale Romea
perché non era stato realizzato il ponte già progettato.
Indignazione e scandalo, corsa a trovare i finanziamenti, e cinque anni dopo il ponte sollecitato durante il Musichiere veniva
inaugurato da autorità civili militari religiose, benedizione del vescovo e zumpappà della banda con gli ottoni lucidati
con il panno morbido.
E da allora quel ponte si chiama in un modo per lo stradario (Nicolò de Conti) e in un altro per i chioggiotti (Musichiere).
Non ne conosco il terzo nome, quello segretamente sacro.
Anche gli abitanti di Chioggia hanno i tre nomi dei gatti e nel 2009 è stato necessario un decreto per far entrare nelle carte di identità e nell’anagrafe il secondo cognome.
Perché a Chioggia si chiamano di cognome quasi tutti Boscolo oppure Tiozzo, e quindi ci sono le genealogie per distinguere
i rami dei Boscolo e i rami dei Tiozzo, più di 10mila persone, e così ci sono i Boscolo detti Cegion, i Boscolo detti Meneguolo, i Boscolo detti Caenazzo, i Boscolo detti Anzoletto; e i Tiozzo detti Brasiola, i Tiozzo detti Fasiolo, i Tiozzo detti Netti. E così via.
E questi sono il nome ufficiale e il nome famigliare, da dieci anni riconosciuti per decreto, ammessi all’anagrafe comunale e riportati sui documenti.
Poi i chioggiotti hanno il terzo nome — la nominansa — non registrato da nessuna parte.
L’azienda
Ottenuta l’ennesima sentenza favorevole, la società Socogas detta Costa Bioenergie ha espresso soddisfazione. Ecco un passo del comunicato stampa ufficiale:
«Costa Bioenergie srl esprime la propria soddisfazione per la sentenza del Consiglio di Stato che ha confermato la legittimità
dell'attività posta in essere dalla società e l’illegittimità del comportamento di chi ha cercato di impedire il regolare
andamento dei lavori realizzativi.
Da tutto ciò Costa Bioenergie ha subito rilevanti danni, economici e di immagine, in conseguenza dell’interruzione dei lavori
e del rallentamento degli stessi (danni che si riserva di chiedere nelle competenti sedi) e che auspica non debba ulteriormente
subire a causa di comportamenti volti ad impedire e/o ritardare il legittimo esercizio di una attività economica che la legge
riconosce essere anche di pubblico interesse.
In questi anni la società ha subito continui attacchi, fondati su falsità, ed ha sempre ritenuto o di ignorarli o di rispondere
invitando tutti al rispetto delle regole della civile convivenza e della corretta informazione.
Per fortuna nel nostro Paese vige ancora uno Stato di diritto nel quale le regole debbono essere rispettate da tutti e dove
esistono Giudici Amministrativi che costituiscono presidio di legalità a tutela dei diritti dei cittadini, delle imprese e
dei valori costituzionali».
Ora che c’è il via libera anche dal Consiglio di Stato, quando partirà l’impianto? Risponde l’amministratore delegato del gruppo emiliano, Gian Paolo Zucchi: «Contiamo di finire i lavori entro la primavera, mancano ormai solamente le finiture. Per esempio — speficifica Zucchi — l’impianto prevede circa 40 chilometri di cablaggi».
Quelli del sì e quelli del no
Il progetto nacque in casa degli imprenditori chioggiotti Costa, rivenditori di carburanti per i pescherecci.
L’azienda entrò in crisi e la Costa Bioenergie fu ceduta alla Socogas con il suo progettino di bunker per rifornire i pescherecci.
Il deposito di gasolio fu autorizzato dal Comune senza bisogno di particolari passaggi in Giunta.
L’azienda speciale Aspo per la gestione del porto apprezzò il progetto. Ora l’Aspo è in ristrutturazione perché le sue competenze sono state date
all’Autorità di sistema dei porti veneti.
Tramite varianti e ritocchini al progetto, dal diesel si passò al Gpl e al grande impianto con la benedizione dell’allora
sindaco Romano Tiozzo detto Pagio, un tornado di creatività politica che arrivò a immaginare di costruire una centrale nucleare in una base militare abbandonata a Ca’ Bianca.
E arrivò il consenso univoco dei ministeri di allora, a cominciare dalle Infrastrutture guidate da Maurizio Lupi.
Nel 2015 quando cominciò lo sbancamento di fronte alle case del rione Saloni, i chioggiotti scoprirono il progettone ormai
in realizzazione.
In questo caso non fu necessaria la procedura Via statale con la consultazione dei cittadini, perché la procedura semplificata lo consentiva, e il progetto fu esposto all’albo pretorio del Comune e venne verificato dal comitato Via della Provincia.
Nacque il comitato No Gpl, oggi presieduto da Roberto Rossi, pensionato, ex dipendente scolastico, balestriere di valore al palio della Marciliana e nel 2017 vincitore del Leon d’oro al chioggiotto dell’anno, strappando il premio ambìto al pilota di superbike Federico
Boscolo detto Bisto, al presidente dell’associazione albergatori Giuliano Boscolo detto Cegion, e al presidente del consorzio radicchio Giuseppe Boscolo detto Palo.
Con Rossi, nel comitato No Gpl c’è la vicepresidente Maria Rosa Boscolo detta Chio, dirigente sanitaria in pensione.
Nel 2016 lo scenario si è ribaltato; il filotto di autorità favorevoli al progetto si è rovesciato in pareri contrari.
La contrarietà dei chioggiotti al deposito di Gpl in mezzo al porto davanti alle case dei Saloni e a fianco degli allevamenti
di granchi (moléche) si espresse in un consenso forte per il candidato sindaco Alessandro Ferro dei Cinque Stelle, che fu eletto in modo plebiscitario a capo di una giunta a monocolore grillino.
E dei Cinque Stelle sono i ministri dello Sviluppo economico Luigi Di Maio e delle Infrastrutture di Danilo Toninelli.
Tutti d’accordo contro l’impianto.
Ma ormai non si torna più indietro.
L’impianto è fatto, autorizzato e con sentenze amministrative emesse.
Il comitato No Gpl spera in un eventuale (e improbabile) ricorso in Cassazione oppure si augura che possa scompigliare le
carte l’indagine avviata dalla Procura di Venezia.
Pro e contro
Il sì al progetto ha un valore ambientale.
È noto che il Gpl è un combustibile valido per qualità di emissioni, decisamente contenute. Non a caso è apprezzato per le
automobili ed è un concorrente dei pellet di legno negli impianti di riscaldamento. I distributori di gas auto sono
concentrati in Veneto, Lombardia, Emilia-Romagna, Marche e Friuli-Venezia Giulia, cioè a poca distanza da Chioggia. I consumi di Gpl per autotrazione in Veneto, rileva Assogasliquidi Federchimica , sono stati pari a 154.547 tonnellate nel 2017 (+9,8% sul 2016), con Verona al primo posto. Con 475 distributori, inoltre, il Veneto è la regione con più punti vendita di Gpl in Italia.
Oggi la Socogas per rifornire i consumatori padani deve importare il Gpl da Marsiglia facendo viaggiare ogni anno per 600-700
chilometri 60 treni e 500 camion carichi di Gpl.
Il deposito nel porto di Chioggia cui far approdare le navi ridurrebbe l’inquinamento da traffico e i rischi di incidente
nel trasporto perché è a ridosso dei consumatori.
Il deposito costiero prevede un investimento totale di 35 milioni e 72mila tonnellate di transito annuo, pari all’approdo
ogni mese di un paio di navi gasiere da 2.500 tonnellate.
Rassicura la Socogas: «La sicurezza dei cittadini e dei nostri lavoratori è garantita. La combinazione di severe norme di
legge (compresa la Legge Seveso), l’elevata qualità tecnologica, gli apprestamenti di sicurezza tecnici e gestionali, hanno
fatto sì che eventuali situazioni critiche presentino conseguenze non oltre l’area del deposito».
Ma oltre ai pro ci sono anche i contro. Il progetto è a ridosso dei chioggiotti, a 200 metri dalle case. Il Gpl, se mal gestito, può essere un prodotto assai pericoloso, come dimostrano casi terrificanti come quello accaduto 10 anni fa a Viareggio. È ciò che spaventa di più i chioggiotti.
La difficoltà maggiore però non è sulla sicurezza, che di certo è garantita.
Il problema nasce dalla collocazione voluta a suo tempo dall’Aspo in centro al porto.
Il progetto iniziale di un piccolo deposito di carburante era sostenibile con tutti i progetti di piano regolatore portuale
e di sviluppo dell’attività marittima di una volta.
Oggi è più difficile immaginare le evoluzioni di navi gasiere in centro al porto di Chioggia senza alcun ritocco al piano regolatore portuale, come suggerisce anche la nota dello Sviluppo economico.
In questi giorni si pensa di far arrivare alla banchina di Val da Rio anche le navi da crociera e a fianco del deposito di
Gpl c’è il terminal per i passeggeri.
Ci sono gli accosti delle navi portarinfuse.
C’è il Mose, di cui vanno normate le regole d’ingaggio per regolare il rapporto tra il passaggio delle navi e la chiusura della bocca
di porto in caso di acqua alta.
C’è il formicolare di attività in uno dei porti di pesca più importanti del Mediterraneo.
C’è la portualità che si collega con il trafflico fluviale con i porti di Mantova e Cremona lungo il Po.
E c’è un atteggiamento ambiguo dei chioggiotti sui trasporti, visto che, via terra, Chioggia è collegata al mondo solamente
attraverso una delle statali più trafficate e pericolose d’Italia, la 309 Romea, e con una delle linee linea ferroviarie più derelitte d’Italia, quella con Adria.
Da poche settimane il sistema infrastrutturale di Chioggia dipende non più dall’Aspo della Camera di commercio bensì dal Porto di Venezia, che è autorità di sistema portuale dell’Adriatico Settentrionale.
«Stiamo attendendo di capire la sorte amministrativa e giudiziaria della struttura per il Gpl alla luce della sentenza e del
percorso che sarà seguito dalla magistratura penale», commenta distaccato il presidente dell’Autorità dei porti di Venezia
e Chioggia, Pino Musolino.
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