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Norme e Tributi Fisco

Dalla manovra via i tagli agli enti culturali. Pd: manca sostegno alla crescita

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Questo articolo è stato pubblicato il 01 giugno 2010 alle ore 09:54.

Dopo un'ultima riscrittura e limatura del testo da parte del governo, condotta sotto la regia del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta, il decreto da 56 articoli con i contenuti portanti della manovra economica da 24,9 miliardi è stato controfirmato ieri mattina dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Via libera al testo definitivo trasmesso nella tarda serata di domenica dal governo, quindi con lo stralcio del taglio agli enti culturali e la correzione di alcune altre norme.

L'operazione di setaccio condotta dal Colle ha consentito di salvare dalla soppressione alcuni enti tra cui la stazione zoologica Anton Dohrn, l'istituto nazionale di ricerca metrologica (inrim), l'istituto nazionale di alta matematica Francesco Severi, l'istituto nazionale di astrofisica (inaf), l'istituto nazionale di oceanografia e geofisica sperimentale, l'istituto di studi giuridici internazionali. Nel totale, i tagli ai ministeri ammontano a 2,4 miliardi nel 2011, che salgono 7,05 miliardi nel triennio, con lo Sviluppo economico che contribuisce con 2,6 miliardi e quello dell'Economia con 2,2 miliardi.

È stato lo stesso Napolitano a sospendere domenica pomeriggio l'esame del decreto. Osservazioni e rilievi su «delimitati aspetti di sostenibilità giuridica e istituzionale del provvedimento sottoposto all'esame per l'emanazione nella mattinata di sabato», che al momento non gli consentivano di controfirmare il provvedimento. Si è trattato in realtà di una molteplicità di punti, sui quali Napolitano ha atteso da palazzo Chigi la relativa riformulazione, o lo stralcio, poichè resta fermo il principio dell'«esclusiva responsabilità dell'esecutivo sugli indirizzi e sul merito delle scelte di politica finanziaria, sociale ed economica».

Il testo emendato in seguito alle osservazioni del Colle è finalmente giunto nuovamente al Quirinale nella tarda serata di domenica. A quel punto si è chiusa la partita, con la firma che Napolitano ha apposto al testo ieri mattina spedendo così il decreto alla Gazzetta ufficiale per la pubblicazione. Ora la palla passa al Senato che esaminerà il provvedimento in prima lettura.

È giunta così al suo epilogo

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Tags Correlati: Anm | Anton Dohrn | Banca d'Italia | Consiglio dei Ministri | Francesco Severi | Gianni Letta | Giorgio Napolitano | Governo | Luca Palamara | Ministero dello sviluppo economico | Paolo Bonaiuti | Pubblica Amministrazione | Senato

 

una complessa vicenda in cui alcune approssimazioni e forzature istituzionali hanno fatto da sfondo al faticoso iter di riscrittura del testo. Lavoro che si è protratto di fatto da martedì, quando il Consiglio dei ministri ha varato il decreto con la formula «salvo successive per perfezionare il testo», fino alla serata di domenica. Con accluso il "giallo" della firma da parte del presidente del Consiglio: se nella serata di venerdì Berlusconi ammetteva di non aver ancora firmato il testo, sabato mattina comunicava di averlo spedito al Colle ma senza la sua firma.

Poche ore dopo la precisazione di palazzo Chigi, confermata dal Quirinale: il testo recava la firma del premier, come del resto appariva scontato trattandosi di un atto che rientra nella esclusiva responsabilità dell'esecutivo e dunque di chi lo guida. «Non capiamo come qualcuno possa attribuire al presidente del Consiglio pareri e giudizi sulla manovra, quando il presidente Berlusconi non ne ha parlato con nessuno», ha precisato ieri sera il sottosegretario alla presidenza Paolo Bonaiuti.

I rilievi del Colle si sono appuntati su diversi aspetti del testo originario: i tagli alla cultura, prima di tutto. Sarà il ministro dei Beni culturali a riformulare la lista delle riduzioni di spesa. Quanto al taglio dei compensi dei magistrati, nel corso di un incontro a palazzo Chigi, nonostante «l'attenzione e la preoccupazione» espressa da Letta, il presidente dell'Anm Luca Palamara ha «preso atto» delle riduzioni di spesa annunciate: è in programma per giovedì il nuovo consiglio direttivo per proclamare lo sciopero «ed anche altre forme di protesta».

Il congelamento degli stipendi dei dipendenti pubblici scatterà dal 2011, mentre nel testo approvato dal consiglio dei ministri partiva di fatto già da quest'anno. È stata stralciata anche la norma che prevedeva il taglio di 10 province con popolazione inferiore ai 220 mila abitanti, ma i piccoli comuni dovranno sacrificare l'autonomia delle loro funzioni. Quanto alla gestione del Fas (fondo aree sottoutilizzate), la nuova formulazione è che palazzo Chigi «si avvarrà» del dipartimento per lo sviluppo del ministero dello sviluppo economico, «ad eccezione delle direzione generale per l'incentivazione delle attività imprenditoriali».
Anche la Banca d'Italia, nell'ambito del proprio ordinamento, sarà chiamata infine a uniformarsi ai tagli di bilancio disposte per le altre amministrazioni pubbliche.

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