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Questo articolo è stato pubblicato il 10 giugno 2010 alle ore 14:23.
Arriva il tetto agli stipendi dei manager pubblici. Dopo 2 anni e mezzo di attesa il Consiglio dei ministri ha acceso il semaforo verde al regolamento che fissa il compenso lordo annuo dei manager e dirigenti della pubblica amministrazione a 311mila euro, che é la retribuzione del primo presidente della Corte di Cassazione. Il Cdm ha anche dato il via libera al permesso di soggiorno a punti per gli immigrati, nel giorno in cui la Consulta ha bocciato l'aggravante di clandestinità.
Via libera anche a una sforbiciata alle retribuzioni più alte in Rai, come proposto dal ministro per la Semplificazione normativa Roberto Calderoli. La norma, come nel caso dell'equiparazione dell'età pensionabile tra uomini e donne nella Pubblica amministrazione, sarà inserita sotto forma di emendamento alla manovra, attualmente in discussione in Parlamento.
Tornando invece al tetto ai manager pubblici, che attua una norma della Finanziaria Prodi 2008, il ministro per la Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, ha spiegato come le nuove regole non si applichino a Bankitalia e autorità indipendenti e che, nella determinazione dell'asticella retributiva non dovrà essere computato il corrispettivo globale per il rapporto di lavoro o il trattamento pensionistico corrisposti all'interessato.
Le nuove norme dovranno invece essere applicate dalle amministrazioni dello Stato, agenzie, enti pubblici economici e non, enti di ricerca, università. E, pure, (e la disposizione farà certamente discutere) dalle società non quotate a totale o prevalente partecipazione pubblica e le loro controllate. La soglia retributiva non potrà essere superata in alcun caso, compresi il contratto d'opera di natura continuativa, di collaborazione coordinata e continuativa e di collaborazione a progetto.
Sono invece escluse dal tetto retributivo, le attività soggette a tariffa professionale anche non continuativa, i contratti d'opera di natura non continuativa, i compensi degli amministratori delle società non quotate a totale o prevalente partecipazione pubblica e le loro controllate per i compensi determinati ai sensi dell'articolo 2389, comma 3, del Codice civile (compensi dei componenti dei consigli di amministrazione ai quali sono conferite deleghe).