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Questo articolo è stato pubblicato il 29 giugno 2010 alle ore 17:18.
Domani la Corte dei diritti dell'uomo, in versione collegiale, deciderà sull'esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche. Ad affiancare l'Italia, nella richiesta di mantenere il simbolo della cristianità nei luoghi pubblici, ci sono altri 10 stati, non tutti cattolici.
Dei paesi che si sono costituiti, ben otto non si sono limitati a dichiarazioni scritte ma saranno rappresentati in aula dal professor Jeseph Weiler, esperto di diritto internazionale ed europeo, di religione ebraiaca. Weiler, che insegna negli Stati Uniti, prenderà però le distanze dalla linea assunta dalla difesa italiana che chiede di lasciare il crocifisso nella aule perché è diventato nel tempo un simbolo culturale che va oltre il significato religioso. Secondo il professor Weiler il crocifisso deve essere mantenuto proprio in quanto emblema di una religione. «La divisione principale nella nostra civiltà è tra religiosi e non religiosi – dichiara Weiler – l'imperativo è di insegnare ai nostri figli e figlie la pluralità, la tolleranza. Il religioso deve rispettare il laico e il laico deve rispettare il religioso. E questo non si fa eliminando la croce dal muro della classe».
L'ultima parola resta però ai 17 giudici della Grande Chambre (invece dei 7 che hanno deciso in "prima istanza"), che domani faranno la loro scelta, anche se la decisione dovrebbe essere resa nota non prima del deposito delle motivazioni e quindi dopo l'estate. Difficile fare pronostici sul risultato finale. La Corte di Strasburgo ha sempre affermato il principio della laicità dello Stato, anche in occasione del divieto di indossare il velo islamico nelle scuole pubbliche. Ma, pur essendo la prima volta che si esprime sul simbolo del cattolicesimo, ha in passato sostenuto la necessità di un'ingerenza molto più attiva della semplice esposizione di un simbolo per constatare una violazione ai diritti e alla libertà (caso Forgero) come ha evidenziato la differenza tra l'impatto di un comportamento attivo e la semplice forza evocatrice di un'immagine (caso Kjelsen).