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Questo articolo è stato pubblicato il 03 luglio 2010 alle ore 08:08.
Una sorta di re Mida che, anziché far diventare oro tutto ciò che tocca, trasforma uffici giudiziari apatici in macchine stritolaprocessi. Mario Barbuto, ora alla guida della corte d'appello di Torino, vanta una lunga esperienza come presidente del tribunale sotto la Mole. Anni in cui la sede torinese è stata più volte presa ad esempio per la sua efficienza, grazie a performance che hanno comportato una forte contrazione dell'arretrato e soprattutto alla capacità di chiudere i processi in tempi brevi.
Oggi, dopo aver cambiato scranno, Barbuto è ancora primo della classe. «Ah sì? Non lo sapevo», esclama quando accenniamo al primato nella graduatoria del ministero sulle prestazioni degli uffici giudiziari: la corte d'appello di Torino è l'unica sede in Italia che è riuscita a ridurre l'arretrato nel settore civile (secondo le stime del ministero della Giustizia dell'11% nel periodo considerato).
Il monitoraggio riguarda però un periodo in cui il magistrato dirigeva il tribunale e non la corte d'appello e quando gli facciamo notare che forse, questa volta, il suo operato c'entra poco, Barbuto prima si schermisce e poi rilancia: «Secondo studi fatti dal mio predecessore, la percentuale degli appelli contro le sentenze dei tribunali dell'intero distretto è molto bassa. Fatto 100 il numero delle cause definite in primo grado, meno di 50 sono chiuse con sentenza e di queste ultime solo il 7-8% sono appellate». A conti fatti quattro appelli ogni 100 ricorsi esaminati. E dunque se la corte d'appello di Torino è riuscita, nel quinquennio considerato, a smaltire il lavoro, spiega il presidente, «è perché ne è arrivato poco dai tribunali, in particolare da quello di Torino, il più grande del distretto».
Ancora una volta, dunque, spunta la regia di Barbuto. «La celerità della giustizia si gioca in primo grado – aggiunge il magistrato –. L'appello e la cassazione presentano problemi rilevanti, ma numericamente meno significativi. Se si accelera il primo grado si accelera l'intera macchina giudiziaria. Se in appello arrivano poche sopravvenienze è merito del primo grado, perché vuol dire che il tribunale ha lavorato in un modo tale da non invogliare le impugnazioni».