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Questo articolo è stato pubblicato il 02 agosto 2010 alle ore 08:03.
La Cassazione ha completato lo scorso 24 giugno il disegno interpretativo che porta a definire meglio i contorni dei lavoratori autonomi e degli imprenditori individuali, esclusi dall'Irap. L'elemento estremamente innovativo, rispetto alla giurisprudenza finora emanata, è la considerazione che l'assenza di una «autonoma organizzazione» può sussistere anche nelle imprese individuali non rimanendo circoscritta al solo lavoro autonomo, aspetto fino ad ora negato dall'agenzia delle Entrate (circolari 45/2008 e 28/2010). Non tutti lavoratori autonomi ovvero gli imprenditori individuali sono esclusi dall'Irap. Ma solo quelli che nell'attività non hanno creato una «autonoma organizzazione».
Il quadro che emerge dalle varie pronunce (come dimostra la tabella in pagina) è molto nebuloso. I profili dai quali si prende atto dell'assenza dell'autonoma organizzazione sono, naturalmente, diversi a secondo della tipologia di attività esercitata. Incertezza, questa, che diventerà anche più marcata nell'ambito delle attività d'impresa, nelle quali la rilevanza dei beni strumentali appena necessari per lo svolgimento dell'attività, risulta molto differenziata.
A creare le premesse per escludere dalla sfera di applicazione del tributo solo alcuni professionisti e imprenditori individuali, è da ricercare nella definizione del presupposto oggettivo di applicazione dell'Irap. La scelta nel 1996 è stata quella di istituire un tributo a carattere reale che individua la materia imponibile nella ricchezza generata dall'organizzazione dei fattori della produzione. La stessa ricchezza che poi viene «distribuita» agli stessi fattori della produzione: lavoro (salari e stipendi), capitale (interessi) e fattore imprenditoriale (profitto). I tre elementi che costituiscono la base imponibile dell'Irap. Questa lettura del tributo regionale che, peraltro, ha salvato l'Irap dal giudizio costituzionale (Corte costituzionale, sentenza 156/2001), ha anche fatto emergere la necessità di dare una definizione all'«autonoma organizzazione» che consente di generare il presupposto di applicazione del tributo. In questo quadro di carattere generale, l'atteggiamento delle Entrate, a partire dalla prima risoluzione 32/2002, è stato sempre quello di restringere e limitare la possibilità di intravedere un'assenza di autonoma organizzazione. I successivi interventi dell'Agenzia sono stati sempre nell'ottica di rincorrere quanto sostenuto dalla Cassazione. È quanto accaduto con la circolare 45 del 2008, peraltro emanata anche grazie all'impulso di un'interrogazione parlamentare di Maurizio Leo. Stesso discorso con la circolare 28/2010 con la quale si è preso atto delle sentenze 12108 e 12111 del 2009.