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Questo articolo è stato pubblicato il 01 settembre 2010 alle ore 08:01.
La crisi di un settore industriale in un territorio è sufficiente a giustificare la differenza tra quanto dichiarato e quanto previsto dallo studio di settore. A fornire questa importante precisazione è la Cassazione, con l'ordinanza n. 18941 depositata ieri.
La pronuncia trae origine da una rettifica da studio di settore operata da un ufficio della Toscana, per l'anno 2002, nei confronti di un'impresa del settore tessile nel pratese. Quanto dichiarato dall'azienda divergeva dalle risultanze di Gerico, da qui l'accertamento.
Le commissioni di merito condividevano le tesi del contribuente, il quale secondo quanto è desumibile dall'ordinanza lamentava che la discordanza tra quanto dichiarato e quanto risultante dagli studi trovava giustificazione dalla non perfetta rispondenza tra l'attività esercitata dalla società e quella presa in considerazione dallo studio nonchè dalle difficoltà delle aziende di tessuti nel pratese.
La Suprema corte, chiamata in causa dall'Agenzia, ha ricordato innanzitutto l'intervento delle Sezioni unite in materia e, segnatamente, che gli studi di settore, non costituiscono un fatto concreto, noto e certo, specificamente inerente al contribuente, suscettibile di evidenziare in termini di rilevante probabilità l'entità dei ricavi. Essi rappresentano le risultanze di un'estrapolazione statistica di una pluralità di dati acquisiti su campioni di contribuenti. Ne consegue che i valori attribuiti al contribuente, ove eccedano quanto dichiarato, integrano il presupposto per l'accertamento dell'ufficio. Tuttavia, sono inidonei a supportare l'accertamento, se non confortati da elementi concreti, desunti dall'attività dell'impresa che l'ufficio deve provare e non solo enunciare in motivazione.
Nel caso, conclude la Cassazione, l'accertamento è illegittimo perché fondato solo su dati ricavati dallo studio, contestati dal contribuente e non altrimenti asseverati dall'Agenzia.
La pronuncia è importante perché, da quanto si desume dall'ordinanza, la contestazione del contribuente (ripresa dalla decisione della commissione regionale) consisteva sostanzialmente nella crisi del settore tessile del pratese e, quindi, nell'inidoneità dello studio a rappresentare la reale situazione dell'azienda. In questi ultimi anni, gli studi relativi a molte attività sono stati adeguati pro contribuente proprio per tener conto dell'impatto della crisi economica. Analoghi adeguamenti sono stati effettuati – o sono in corso – con riferimento alla territorialità. Tuttavia, per quanto il fattore territoriale possa essere considerato dallo studio, esso non potrà mai rappresentare la reale situazione. Si pensi, per tutti, ai quartieri di una città che non potranno mai essere compiutamente valutati da uno studio rispetto alle varie attività svolte.