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Questo articolo è stato pubblicato il 10 settembre 2010 alle ore 08:02.
MILANO
Blindati i documenti di Banca d'Italia. Anche se dovevano servire per proporre una class action contro le banche. Il Tar del Lazio, con sentenza n. 32135 dell'8 settembre 2010, ha respinto il ricorso presentato dal Codacons che chiedeva di avere accesso ai risultati di un'indagine di Banca d'Italia con oggetto le commissioni di massimo scoperto. A sostegno della richiesta l'associazione aveva fatto presente che la conoscenza della documentazione era necessaria per corroborare le 2 azioni collettive avanzate da Codacons contro le banche per contestare la pratica diffusa dell'applicazione delle commissioni sugli affidamenti e gli sconfinamenti di conto. Una domanda bocciata però da Bankitalia nel marzo scorso, con una nota che metteva in evidenza come l'eventuale accesso a documentazione amministrativa in possesso della banca è regolato dalla legge n. 241 del 1990 e che, comunque, le informazioni e i dati in possesso dell'Istituto a causa della sua attività di vigilanza sono coperti da segreto d'ufficio.
Il Tar, nel respingere il ricorso, boccia l'interpretazione data dal Codacons alla portata della vigilanza esercitata da Banca d'Italia. Un'interpretazione troppo restrittiva, che confina la vigilanza ai soli 3 ambiti delineati dagli articoli 51, 53 e 54 del Testo unico bancario (vigilanza informativa, regolamentare e ispettiva). Ritenendo che l'indagine in questione non rientrasse in nessuno di questi 3 settori, il diniego ricevuto doveva, per i consumatori, essere considerato infondato.
Per i giudici, però, si tratta di una lettura che affida alla vigilanza un ambito «angusto» che non trova riscontro in altre disposizioni dello stesso Testo unico. Per esempio, l'articolo 4, 1° comma, per il quale «la Banca d'Italia, nell'esercizio delle funzioni di vigilanza, formula le proposte per le deliberazioni di competenza del Cicr previste nei titoli II e III e nell'articolo 107»; l'articolo 128, 1° comma, dedicato alla trasparenza delle condizioni contrattuali e al relativo potere di ispezione assegnato a Banca d'Italia.
Non ha convinto i giudici neppure l'osservazione del Codacons per cui le informazioni richieste, essendo relative alla condizioni negoziali applicate dalle banche ai clienti, avrebbero natura fondamentalmente pubblica e pertanto dovrebbero essere rese accessibili. Per il Tar, invece, l'indagine in questione si è basata non sull'esame analitico della documentazione bancaria sulle commissioni applicate da ogni banca, liberamente accessibili presso qualsiasi istituto, ma sulle risposte fornite a un questionario che prendeva in esame ipotesi teoriche divise per fasce d'importo. Così, «le risposte fornite al questionario sono evidentemente inquadrabili tra informazioni fornite alla Banca d'Italia in adempimento degli obblighi informativi gravanti sui soggetti vigilati e sono, pertanto, coperte dal segreto d'ufficio».