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Questo articolo è stato pubblicato il 13 settembre 2010 alle ore 08:02.
I dirigenti nel pubblico impiego non hanno diritto all'attribuzione del posto anche quando è provato che l'amministrazione ha agito in violazione delle regole di correttezza e buona fede. In questo caso, infatti, la parte ha diritto al risarcimento del danno ma non può pretendere la retribuzione corrispondente alla qualifica.
Sono le conclusioni raggiunte dalla sezione lavoro della Cassazione nella sentenza 18857/2010 che ha respinto il ricorso di un dirigente superiore dell'assessorato regionale al lavoro. L'uomo si è rivolto al tribunale esponendo di essere venuto a conoscenza della circostanza che ad altri dipendenti della sua stessa qualifica erano stati attribuiti incarichi di responsabilità di alcuni uffici. Riteneva, pertanto, essendo in possesso di maggiori titoli rispetto agli altri dipendenti, di essere stato discriminato in maniera ingiustificata. Perciò ha chiesto l'accertamento del suo diritto al conferimento della nomina e dell'incarico con condanna dell'amministrazione al pagamento del relativo trattamento economico, oltre agli interessi e alla rivalutazione.
L'assessorato si è difeso sostenendo, al contrario, che le scelte inerenti ai soggetti cui conferire gli incarichi, visto il loro carattere fiduciario, si devono reputare fondate su un'ampia discrezionalità della Pa non sindacabile dal giudice.
Il tribunale ha accolto la domanda del ricorrente disapplicando gli atti di conferimento degli incarichi contestati e affermando il suo diritto alla nomina e all'incarico di direttore dell'ufficio provinciale, condannando, altresì, la Pa al risarcimento del danno.
La decisione è stata confermata anche in appello dove i giudici, pur riconoscendo l'insussistenza di un diritto al conferimento dell'incarico dirigenziale, hanno affermato che la Pa avrebbe dovuto motivare le sue scelte per evitare che l'ampia discrezionalità di cui gode si potesse trasformare, come in effetti è avvenuto, in arbitrio. Il collegio ha quindi confermato la condanna della Pa al trattamento previsto per quella qualifica considerandolo un atto consequenziale all'illegittimità della condotta dell'amministrazione.