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Questo articolo è stato pubblicato il 17 settembre 2010 alle ore 08:01.
Alessandro Sacrestano
Dietrofront della giustizia tributaria sul diniego al rimborso dei crediti d'imposta "artificiosamente" creati a favore di finanziarie estere, per effetto di temporanee cessioni di titoli societari. La sezione staccata di Pescara della Ctr Abruzzo, infatti, con la sentenza n. 215/09/10, depositata il 14 settembre, ha riconosciuto un credito di ben 14 milioni di euro alla banca d'affari Goldman Sachs.
La posizione va in totale controtendenza rispetto all'orientamento della stessa Commissione (sentenza n. 152/10/10) e riferito al gruppo della Lehman Brothers, che si era visto, invece, negare in toto il diritto al rimborso.
La GdF aveva accertato un meccanismo in base al quale, in prossimità dell'erogazione del dividendo, i titoli partecipativi di alcune imprese italiane venivano ceduti a società con sede in Gran Bretagna. Per effetto del trattato contro le doppie imposizioni siglato fra il nostro Paese e quello britannico, il dividendo è soggetto a tassazione nella nazione in cui viene incassato, contraddistinto (guarda caso) da una fiscalità più vantaggiosa. Incassato il dividendo, la banca estera chiede immediatamente il rimborso delle imposte pagate in Italia sulle predette somme. Subito dopo, il cerchio si chiude con il "ritrasferimento" dei titoli al detentore originario. L'insieme delle operazioni poste sotto verifica dai militari della Guardia di Finanza ammonta a circa 4 miliardi di euro.
Secondo l'amministrazione finanziaria, l'architettura del l'operazione descritta evidenzia un disegno evidentemente elusivo. A conferma di ciò ci sarebbe il fatto che l'acquisto e la rivendita dei titoli è avvenuto in un breve lasso di tempo, a cavallo dello stacco del dividendo, e che il soggetto che riacquistava il titolo era, normalmente, il precedente venditore. Naturalmente, oltre a ciò, mancherebbe ogni avvisaglia di "valida ragione economica".
Proprio su quest'ultimo punto, comunque, la sentenza in commento ha ritenuto di dissentire dalle precedenti pronunce. Che le operazioni globalmente poste in essere da molte delle società accertate fossero elusive, sostiene il collegio, è pacifico. Tuttavia, tale considerazione non può attrarre nell'irregolarità tutte le cessioni di titoli realizzate. È necessario, infatti, che l'amministrazione finanziaria ponga in essere un monitoraggio circostanziato per ogni singola operazione, allo scopo di verificare se le stesse abbiano o meno una valida ragione economica. Nel caso di specie, aggiunge la Commissione, l'amministrazione ha omesso di apportare prove specifiche. La Goldman, in effetti, ha dimostrato di possedere mediamente per un arco temporale notevole una quantità di titoli media analoga o superiore a quella dell'operazione contestata. Dimostrando, con ciò, che essa aveva interesse a negoziare i titoli, anche a prescindere dall'acquisizione dei dividendi.