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Questo articolo è stato pubblicato il 24 settembre 2010 alle ore 08:47.
Chi dovrà farci i conti per primo, i professionisti che assistono i contribuenti, ne teme l'impatto e le ripercussioni, nonostante le rassicurazioni e i toni concilianti dell'agenzia delle Entrate. Il nuovo redditometro preoccupa commercialisti, consulenti del lavoro e avvocati tributaristi. Non tanto per l'obiettivo ufficiale – perseguire le macroscopiche sproporzioni fra tenore di vita e reddito dichiarato – quanto per i possibili effetti collaterali. «E sarebbe davvero un peccato – osserva Claudio Siciliotti, presidente del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili – perchè nello strumento crediamo.
Il redditometro è molto democratico perchè permette di tarare le imposte su un elemento certo, ciò che uno ha speso. Se un contribuente dichiara 10mila euro e poi ne spende 100mila, per comprare e mantenere auto, yacht, per frequentare circoli privati e beauty farm, è giusto che venga braccato dal Fisco». Dove nasce allora il problema? «Ascoltando i tecnici dell'amministrazione finanziaria – aggiunge Siciliotti – si ha la sensazione che si voglia fare un passo in più. Vale a dire, alle spese, in qualche maniera, rintracciabili, se ne vorrebbero aggiungere altre "presumibili" in base a fattori come la città in cui il contribuente vive, il nucleo familiare ovvero la asserita voluttuosità di certe tipologie di uscite.
Ma se si punta a intercettare tutte quelle situazioni in cui dichiaro 10mila e si presume che ne guadagni 13mila, sforando dunque il margine del 20%, il redditometro diverrebbe uno strumento infernale. Se io compro una bella macchina e poi mangio pane e cipolle per tutto l'anno sarò libero di farlo? O solo perchè ho una bella auto si deve presumere che guadagno di più?».
L'Agenzia ha già fatto sapere che sta elaborando parametri statistici, nella scia del Dl 78/10, che si focalizzeranno sulla "normalità" delle situazioni. Ci saranno d'altronde due gradi di confronto con i contribuenti che potranno giustificare la propria situazione. «Nell'istante in cui si esce dall'accertamento basato sull'effettivo comportamento del contribuente – sottolinea però Enrico Zanetti, coordinatore dell'Ufficio studi del Cndcec – e si entra nel mondo della valorizzazione di criteri statistici e di normalità socio-economica, è evidente che lo strumento si evolve verso logiche più assimilabili a quelle di uno studio di settore per privati.