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Questo articolo è stato pubblicato il 27 ottobre 2010 alle ore 08:47.
«Mi sento come il figliol prodigo. Solo che dopo essere stato riaccolto in casa, ben nutrito e ben vestito, mio padre mi ha messo alla porta e mi ha chiesto pure di pagargli cibo e abiti». A. S. mantiene una calma serafica mentre stritola nei pugni l'accertamento milionario che gli è stato notificato un anno fa. «Va bene», sbuffa. «Avevo fatto del nero. Però con il condono per il 2001 avevo deciso di far riemergere tutto e reinvestirlo in azienda e così ho fatto».
«Otto anni dopo, mi ritrovo con gli ispettori del fisco in casa che mi chiedono conto di tutto. Ho fatto presente che non ho più le carte, che le ho bruciate perché pensavo di aver chiuso definitivamente la partita. E sa cosa rispondono? Dicono che avrei dovuto sapere che non si poteva fare il condono dell'Iva, che l'Europa lo avrebbe bocciato. Che è colpa della Bersani che ha raddoppiato i termini per l'accertamento. Ma che vuole dire? Io mi sono fidato di una legge dello stato», sospira A. S., mentre ripone le carte nel voluminoso fascicolo che si porta dietro da un anno. Prima di andarsene si volta: «Secondo lei, le rate che ho pagato me le restituiranno?».
Contribuenti sotto tiro per i vecchi condoni Iva
Tabella / I condoni Iva dal 2002 ad oggi