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Questo articolo è stato pubblicato il 02 marzo 2011 alle ore 06:42.

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Con il nuovo contratto collettivo del commercio trova per la prima volta attuazione il nuovo arbitrato di lavoro, di recente riformato dal collegato lavoro (legge 183/2010).

Questa innovazione contrattuale è, per certi versi, una sorpresa: le parti sociali sembravano orientate a governare lo strumento tramite un accordo interconfederale, che avrebbe dovuto dettare le linee guida per i rinnovi di settore.

La disciplina definita nel nuovo contratto collettivo fissa le regole di costituzione e funzionamento del collegio arbitrale. Questo potrà essere attivato su istanza di parte, con facoltà per l'altra parte di accettare o no la procedura (quindi, secondo le regole già vigente prima dell'entrata in vigore del collegato lavoro), oppure potrà sulla base di una clausola compromissoria.

Questa clausola, con il collegato lavoro, è diventata vincolante; quindi con la sua sottoscrizione il lavoratore rinuncia alla possibilità di ripensare la scelta. Il contratto conferma il divieto, già previsto nella legge, di sottoscrivere la clausola compromissoria per le cause aventi a oggetto i licenziamenti, ma amplia il divieto ad altre situazioni particolarmente rilevanti, quali il mobbing, gli infortuni e le malattie, le molestie sessuali.

Viene integrata anche la disciplina legale del periodo in cui può essere sottoscritta la clausola. Si conferma la regola per cui la clausola può essere firmata solo dopo la fine del periodo di prova o comunque entro 30 giorni dall'inizio del lavoro, ma si estende il divieto di sottoscrizione anche per le lavoratrici madri, relativamente al periodo di inizio della gravidanza e fino a un anno di età del bambino.

Il contratto, infine, disciplina anche le procedure di conciliazione e certificazione.

Quanto alla conciliazione, è confermato l'impianto contrattuale preesistente, che prevede la costituzione di una commissione di conciliazione presso l'Ente bilaterale territoriale del terziario. Il contratto disciplina anche la certificazione dei rapporti di lavoro, prevedendo la possibilità di costituire presso gli enti bilaterali territoriali apposite commissioni di certificazione abilitate a certificare i contratti e convalidare le rinunce e transazioni.

Probabilmente la scelta fatta con il contratto del commercio deriva dalla consolidata esperienza che il settore vanta sul tema delle procedure di conciliazione e arbitrato, e anche dalla volontà di non ritardare troppo l'entrata in vigore dell'istituto. In questa prospettiva, l'intervento di un contratto con grande diffusione come quello del commercio costituirà un banco di prova per comprendere se l'arbitrato di lavoro è utile per assorbire una quota significativa del contenzioso del lavoro che oggi è gestito dai tribunali.

Le critiche rivolte all'istituto, durante il dibattito parlamentare, da alcuni settori politici, sindacali e accademici si centravano su tre aspetti: la natura irrevocabile della clausola compromissoria, la possibilità di decidere secondo equità, e il rischio che la decisione secondo equità diventasse un canale nascosto per disapplicare l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.

Dopo che il Parlamento ha modificato questi aspetti (limitando il ricorso all'equità ed escludendo la possibilità di deferire agli arbitri i licenziamenti), la tensione verso l'istituto è scesa notevolmente e sta emergendo un approccio più pragmatico.

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