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Questo articolo è stato pubblicato il 03 marzo 2011 alle ore 08:02.

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Nella polizza parità uguale dannoNella polizza parità uguale danno

Uomini e donne pari sono davanti all'assicuratore. A stabilirlo la decisione della Corte di giustizia europea del 1° marzo nel procedimento c-236/09 (si veda «Il Sole 24 Ore» di ieri). La Corte Ue è intervenuta in seguito alla censura mossa alla legge belga di recepimento della direttiva 2004/113/Ce sull'attuazione del principio della parità di trattamento tra uomini e donne per quanto riguarda l'accesso a beni e servizi. La decisione avrà ricadute anche nel nostro diritto interno in tema di contratti assicurativi.

La decisione ha di fatto ritenuto "invalido" l'articolo 5 n. 2 della direttiva laddove consentiva di derogare sine die al divieto di elaborare premi e tariffe assicurative differenziati in ragione del sesso del contraente.

Il divieto generale di considerare il sesso dell'assicurato quale fattore di calcolo di premi e prestazioni a fini assicurativi poteva essere infatti derogato (proprio in forza della norma ora ritenuta invalida) dagli Stati Ue ove il fattore sesso fosse determinante nella valutazione dei rischi, in base a pertinenti accurati dati statistici, con l'unico obbligo di riesaminare il provvedimento decorsi cinque anni dalla data di recepimento della direttiva.

La Corte oggi ritiene che la facoltà concessa agli Stati membri di derogare senza limite di tempo ai vincoli di calcolo imposti sui valori attuariali dei premi assicurativi sia contraria ai principi dell'Unione europea sulla parità dei sessi e quindi non più valido dal 21 dicembre 2012.

In Italia, la direttiva 2004/113/Ce è stata recepita con il decreto legislativo 196/2007 e questo provvedimento, in modo speculare a quello belga che ha portato alla decisione della Corte, consente all'operatore assicurativo italiano di derogare al principio di parità tra uomo e donna nel calcolo dei premi assicurativi.

Quali sono le possibili conseguenze pratiche che tale decisione avrà sui contratti di futura emissione e su quelli in essere? Una prima considerazione riguarda l'incidenza statistica che tale divieto determinerà su un portafoglio che è generalmente considerato tra i più virtuosi. È un dato acquisito che in ampie categorie di rischi assicurati, le donne portino a una minore incidenza sui sinistri e quindi a un minor costo di esercizio del ramo (si pensi alla Rc auto).

L'inibizione all'uso del dato attuariale di rischio minore su tali settori determinerà un aggravamento della posizione assicurativa di questi soggetti. Forse la Corte avrebbe dovuto meglio considerare tale aspetto non sempre penalizzante per l'utenza (femminile o maschile che sia), anche alla luce del fatto che la direttiva 2004/113/CE definisce la discriminazione come la situazione ove la persona, a causa del suo sesso, sia trattata meno favorevolmente o con svantaggio dall'adozione dello stesso criterio discriminatorio. In questo caso, invece, l'assicurato rischierà di essere penalizzato dall'adozione del principio in tale rigido formalismo.

Per gli attuari, a livello assicurativo, «non è condivisibile l'idea che prendere il considerazione il sesso dell'assicurato sia un fattore di rischio». Secondo il presidente dell'Ordine Giampaolo Crenca «per calcolare i premi delle coperture assicurative è necessario rilevare e utilizzare i dati relativi ai fattori che incidono sui relativi rischi».

Poiché la Corte di giustizia ha previsto che le discipline nazionali debbano inibire il fattore discriminatorio legato al sesso per i contratti di nuova stipula dopo l'entrata in vigore del divieto, questo dovrebbe comportare l'applicabilità di questo limite esclusivamente ai contratti, di qualunque ramo, conclusi dopo il 21 dicembre 2012. Per questo le donne che intendono fare un'assicurazione sulla vita, le cosiddette temporanee caso morte, ad esempio per proteggere un mutuo immobiliare, ramo che di norma contiene il discrimine sessuale, se vogliono risparmiare devono sottoscriverla prima del 21 dicembre 2012 con pagamento anticipato in unica soluzione; non è certo, infatti, il destino di quelle polizze che prevedono pagamenti ricorrenti.

Resta da valutare quale potrà essere l'impatto sui contratti assicurativi in essere alla data del 21 dicembre 2012, siano essi conclusi nel comparto "danni" o "vita". Vero è che manca, a questo punto, una disciplina di raccordo di fonte normativa europea che consenta di regolare quei rapporti assicurativi che avranno la valenza nel periodo a cavallo del dicembre 2012.

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