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Questo articolo è stato pubblicato il 08 marzo 2011 alle ore 08:04.
Mettere a disposizione del pubblico - e a fini di lucro – dispositivi per "craccare" la consolle dei videogiochi giustifica l'intervento repressivo della magistratura e il sequestro probatorio disposto dal pm.
La Terza penale della Cassazione (8791/11, depositata venerdì scorso) torna sulla protezione del diritto d'autore applicato alle nuove tecnologie, per annullare con rinvio un'ordinanza "liberista" del Riesame di Firenze, confermando appieno due precedenti giurisprudenziali (23765/10 e 33768/07).
Il caso riguarda un quarantenne toscano, che la scorsa estate aveva subito la perquisizione domiciliare e il sequestro di pc, dopo aver pubblicizzato su internet e commercializzato programmi per aggirare il blocco all'installazione di giochi non originali sulla piattaforma Nintendo. I giudici di merito avevano ritenuto che l'"eccesso" di difesa tecnologica operato dal produttore – che blocca non solo i programmi non originali per la sua consolle, ma anche software originali destinati però ad altre aree del business – mostra in realtà una «prevalente finalità di difesa della posizione dominante», e che inoltre l'hardware starebbe fuori dell'area di protezione della legge 633/41.
Ma proprio su questo passaggio la Corte ha richiamato il Riesame, colpevole di aver ignorato la sentenza 23765/10 – tra l'altro sullo stesso indagato – che allargava l'ombrello penale (articolo 171-ter, comma 1 lettera f-bis della legge 633/41) a «tutti i congegni principalmente finalizzati a rendere possibile l'elusione delle misure tecnologiche di protezione apposte su materiali ed opere protette dal diritto d'autore, non richiedendo la norma incriminatrice la loro diretta apposizione sulle opere o sui materiali tutelati». Se è vero che la consolle è un hardware, di fatto però è un complemento necessario per far girare software originali, cosicchè il grimaldello che la scardina vanifica la protezione stessa dei programmi. Inoltre le modifiche apportate alla consolle, secondo i giudici della Terza, hanno «la prevalente finalità» di eludere le difese ai software, e infine la legge sul diritto d'autore (articolo 171 c.1 lettera f-bis) punisce proprio comportamenti del tipo di quelli messi in atto dal rappresentante fiorentino.
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