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Questo articolo è stato pubblicato il 09 marzo 2011 alle ore 06:42.

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di Michele Tiraboschi Anche i dipendenti degli studi professionali, licenziati per riduzione del personale, possono essere iscritti alle liste di mobilità. È questa la risposta del ministero del Lavoro a un interpello avanzato dal Consiglio nazionale dell'Ordine dei Consulenti del lavoro e da Confprofessioni.
In passato la questione non aveva mai assunto particolare rilevanza concreta. Non così negli ultimi due anni. La crisi ha colpito non solo le imprese, ma anche i professionisti e i loro dipendenti, rivelando l'inadeguatezza di un sistema di tutele, quello del diritto del lavoro, pensato a immagine della grande fabbrica industriale.
Non sorprende che i dipendenti degli studi professionali non vengano espressamente indicati dal Legislatore allorché si propone di delineare il campo di applicazione della mobilità. Vuoi con riferimento alla legge 223/91, vuoi in relazione all'articolo 4 della legge 236/93. Quest'ultima prevede che possano essere iscritti alle liste di mobilità i lavoratori licenziati da imprese, anche artigiane o cooperative di produzione e lavoro, che occupino anche meno di 15 dipendenti per giustificato motivo oggettivo connesso a riduzione, trasformazione o cessazione di attività o di lavoro. Nell'estendere l'iscrizione alle liste di mobilità dei lavoratori licenziati da aziende con meno di 15 dipendenti la legge fa riferimento alla nozione di impresa senza citare gli studi professionali.
Per risolvere il dubbio, e fornire adeguate protezioni ai lavoratori indipendentemente da antiquate qualificazioni nominalistiche, la risposta all'interpello si focalizza proprio sulla interpretazione del concetto di imprenditore. Ciò anche alla luce della interpretazione fornita dalla Corte di giustizia europea (causa C/32/02, con riferimento alla direttiva Ue del Consiglio 98/59/CE), che porta ad ampliare la nozione di imprenditore, facendo rientrare nella definizione qualunque soggetto attivo su un determinato mercato che svolga una attività economica. In questa prospettiva, benché la norma relativa alle procedure di mobilità faccia testuale riferimento alle imprese, l'articolo 4, comma 1 della legge 223/91 risulta applicabile anche agli studi professionali, consentendo pertanto l'iscrizione alle liste di mobilità cosiddetta «non indennizzata» anche i lavoratori da essi licenziati per riduzione di personale.
Quanto invece alla possibilità di questi lavoratori di godere degli ammortizzatori sociali in deroga, il legislatore esteso il sostegno al reddito a tutte le categorie di lavoratori escluse a causa del settore, della dimensione o del tipo di contratto applicato. Con particolare riferimento alla mobilità in deroga, i lavoratori licenziati per beneficiare della indennità di mobilità devono soddisfare il requisito della anzianità aziendale di almeno 12 mesi, come previsto in via generale per accedere alla mobilità.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
L'autore è consigliere del ministro
del Lavoro, Maurizio Sacconi

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