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Questo articolo è stato pubblicato il 14 marzo 2011 alle ore 20:08.

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Nella foto Clemente Mastella (Ansa)Nella foto Clemente Mastella (Ansa)

Spetta al pubblico ministero e al giudice decidere se un reato è comune o ministeriale quando è un politico a finire nelle indagini. La Corte di cassazione con la sentenza n. 10130 (si legga la sentenza sul Guida al diritto) respinge il ricorso fatto dall'ex ministro, Clemente Mastella, contro la decisione con cui il Gup di Napoli aveva escluso che a esprimersi sulle accuse di tentata concussione e abuso d'ufficio dovesse essere il collegio per i reati ministeriali.

La Cassazione afferma il potere, del pubblico ministero in prima battuta e del giudice poi, di qualificare il crimine. E se i magistrati ordinari decidono che il reato è comune cade anche l'obbligo di informare la Camera competente. Alla Camera resta però la facoltà, se ci sono i presupposti, di ricorrere allo strumento del conflitto di attribuzione, qualora ritenga che siano state lese le sue prerogative. Gli ermellini ricordano che perché venga riconosciuta la natura ministeriale del reato è necessario che questo sia collegato alle funzioni svolte dal soggetto politico. Il principio espresso dalla Cassazione sul processo Mastella, in corso a Napoli, è estensibile anche alla vicenda processuale del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi sul caso Ruby.

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