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Questo articolo è stato pubblicato il 12 aprile 2011 alle ore 08:22.

MILANO - Il ministero della Giustizia stringe le maglie sulla conciliazione. E con la circolare del 4 aprile della Direzione della giustizia civile chiude la porta a tentativi di conciliazione solo formali e richiama all'ordine i mediatori sul rispetto dei requisiti per potere esercitare l'incarico. La circolare fornisce così i primi chiarimenti a meno di un mese dall'entrata in vigore della conciliazione obbligatoria in alcune materie del contenzioso civile.
Innanzitutto, il ministero della Giustizia dichiara di ritenere non corretto l'inserimento, nel regolamento di procedura dell'ente, di una disposizione che autorizza la segreteria a emanare una dichiarazione di conclusione del procedimento per mancata adesione della parte invitata ogni volta che quest'ultima non si è presentata all'incontro già fissato, non avendo comunicato tempestivamente la propria adesione oppure avendo comunicato di non volere aderire.
Il ministero precisa che avere introdotto un tentativo di conciliazione come condizione di procedibilità nel giudizio civile ha un significato preciso. Infatti, «la mediazione obbligatoria è tale proprio in quanto deve essere esperita anche in caso di mancata adesione della parte invitata e non può, quindi, dirsi correttamente percorsa ove l'istante si sia rivolto ad un organismo di conciliazione ed abbia rinunciato, a seguito della ricezione della comunicazione di mancata adesione della parte invitata, alla mediazione».
No quindi a scorciatoie "di comodo", anche perché, sottolinea la circolare, bisogna tenere presente che il mediatore può formulare la proposta anche in caso di mancata partecipazione di una o più parti al procedimento; in ogni caso è il mediatore che deve verificare se effettivamente la controparte non si è presentata anche perché la condotta di quest'ultima può avere una rilevanza successiva nel giudizio della magistratura. E ancora: il mediatore potrebbe ragionare con l'unica parte presente sul ridimensionamento o sulla variazione della sua pretesa da comunicare all'altra parte come proposta dello stesso soggetto in lite e non del mediatore.
Quanto al profilo dei mediatori, la circolare sottolinea il rischio anche penale cui si espone chi, nel rispetto degli ampi margini che la normativa assegna all'autodichiarazione, attesta il falso. In particolare (ma si veda anche a lato), con riferimento alla dichiarazione sul possesso dei requisiti, si è chiesto di indicare: a) il titolo di studi posseduto; b) l'iscrizione a un ordine o collegio professionale; c) l'esperienza nella materia dei rapporti di consumo; d) la frequentazione di un corso di formazione presso un ente di formazione abilitato a svolgere l'attività di formazione dei mediatori sulla base dell'articolo 18 del decreto ministeriale 180 del 18 ottobre 2010, con l'indicazione della durata e della valutazione finale.
Per Maurizio De Tilla, presidente Oua, però «la circolare del ministero è illegittima, perché non tiene alcun conto del termine perentorio di quattro mesi, il cui decorso comporta l'automatica decadenza della procedura senza alcun verbale negativo del conciliatore. Inoltre, tende a far sostenere notevoli spese al cittadino che aderisce e non intende parecipare alla mediaconciliazione, non distinguendo tra adesione e partecipazione».
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