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Questo articolo è stato pubblicato il 12 aprile 2011 alle ore 08:41.
La prestazione professionale resa nei confronti di un soggetto successivamente fallito non consente la rivalsa dell'Iva in prededuzione.A confermare questo principio è la Corte di cassazione con la sentenza n. 8222, depositata ieri a seguito del ricorso di un avvocato che si era visto negare l'Iva relativa a una prestazione eseguita nei confronti di un soggetto fallito e che lui riteneva invece rientrare in prededuzione al passivo fallimentare.
Secondo la Corte, che ha dato torto al professionista, è necessario verificare se il credito vantato rientri o meno nei cosiddetti crediti di massa da soddisfare in prededuzione. Essi devono essere individuati, fino alle modifiche alla normativa fallimentare, nei crediti sorti nei confronti della gestione del fallimento come spesa o come credito di amministrazione o, ancora, come credito inerente all'esercizio provvisorio dell'impresa. Ai fini dell'individuazione dei crediti di massa, infatti, ricorda la sentenza, il profilo determinante non è costituito dall'elemento temporale ma da quello funzionale e, cioè, dal loro riferimento a costi assunti nell'interesse dei creditori concorsuali per il conseguimento degli scopi dell'esecuzione collettiva.
Restano necessariamente esclusi da questa nozione i crediti, pur fatti valere nei confronti del fallimento, che non sono, però, sorti in occasione e per le finalità della procedura, ma genericamente riconducibili all'attività del fallito.
In tale contesto è irrilevante che, la fattura del professionista, in base alla normativa Iva, debba essere emessa all'atto del pagamento e quindi solo all'atto del riparto.
L'emissione del documento fiscale, all'atto della ricezione del pagamento, costituisce, secondo la sentenza, una mera facoltà riconosciuta al prestatore di servizi, il quale può anche scegliere di fatturare, registrando la relativa imposta, al momento della prestazione del servizio.
L'esercizio di facoltà non sposta in avanti il momento del credito di rivalsa e, comunque, non lo trasforma in credito di massa in caso di fallimento del debitore, non potendo ricondursi questo mutamento al mero dato occasionale dell'emissione della fattura in epoca successiva all'apertura della procedura concorsuale.
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