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Questo articolo è stato pubblicato il 19 aprile 2011 alle ore 16:42.

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La motivazioni della Cassazione su Cuffaro: accertati i contatti con esponenti mafiosiLa motivazioni della Cassazione su Cuffaro: accertati i contatti con esponenti mafiosi

Per la Cassazione è «accertata» la «sussistenza di ripetuti contatti» fra l'ex governatore della Sicilia, Salvatore Cuffaro, e «vari esponenti» di Cosa Nostra. Una frequentazione che «spiega» quale sia stato «l'atteggiamento psichico» dello stesso Cuffaro nel rivelare al boss di Brancaccio, Guttadauro, «con il quale aveva stipulato un accordo politico-mafioso», la notizia che c'erano indagini sul capo mandamento. È uno dei passaggi della sentenza n. 15583 (si legga il testo integrale su l sito di Guida al diritto) con cui poche ore fa la Cassazione ha depositato le motivazioni della condanna, dello scorso 22 gennaio, a sette anni di reclusione per Cuffaro per rivelazione di segreto d'ufficio e favoreggiamento personale, con l'aggravante di aver favorito l'intera organizzazione mafiosa di Cosa Nostra.

Una sentenza fiume con 80 pagine di motivazione dedicate all'ex governatore
Nella sentenza fiume, ben 80 pagine di motivazione sono dedicate all'ex governatore, mentre l'intera sentenza della seconda Sezione penale si compone di 215 pagine e comprende anche le posizioni degli altri dieci coindagati.

Lo stop alle indagini
Con le sue rivelazioni sulla microspia nella casa del boss Guttadauro, secondo i giudici, Cuffaro ha determinato la «fine sostanziale» dell'indagine sui rapporti tra mafia e politica «a soli nove giorni dalla data (24 giugno 2001) fissata per le elezioni al Parlamento siciliano, sicché non è assolutamente da escludere che, in considerazione di fatti emersi fino al ritrovamento della cimice (15 giugno 2001), si sarebbero, con estrema probabilità, potute raccogliere ulteriori rilevanti emergenze a carico del Guttadauro, del Miceli, dell'Aragona, e dello stesso Cuffaro, oltre che di altri possibili protagonisti della vicenda».

La conferma delle tesi della Corte di Appello di Palermo
I supremi giudici confermano così l'impianto espresso dalla Corte di Appello di Palermo che, con la sentenza emessa il 23 gennaio 2010, ha innalzato da cinque a sette anni la condanna di Cuffaro con l'accusa di mafia. Per la Suprema corte è del tutto corretta, argomentata e riscontrata la prova dell'esistenza dell'accordo «politico mafioso» tra «il capomandamento Guttadauro Giuseppe» e l'uomo politico Cuffaro Salvatore e la consapevolezza di quest'ultimo di agevolare l'associazione mafiosa, inserendo nella lista elettorale per le elezioni siciliane del 2001 persone gradite ai boss e rivelando, in più occasioni, a personaggi mafiosi l'esistenza di indagini in corso nei loro confronti.

L'accordo per ridimensionare il 41 bis
La Cassazione ricorda che Guttadauro stringe l'accordo con Cuffaro, mediato dal portavoce Miceli, «proponendo all'uomo politico, che accetta (e inserisce nella lista) la candidatura alle elezioni regionali del Miceli, mobilitando l'intera famiglia mafiosa per le consultazioni, al fine di ottenere il sostegno per un ridimensionamento del regime carcerario del 41 bis, per il controllo dei flussi della spesa pubblica e per il condizionamento delle attività economiche sul territorio, tutti interessi dell'associazione mafiosa che Miceli si era impegnato a realizzare».

L'interesse "sospetto" per le indagini di mafia
In un altro passaggio della sentenza, invece, si legge «l'interesse dell'imputato di conoscere preventivamente l'oggetto delle indagini antimafia è del tutto estraneo ai normali interessi di un uomo politico, essendo, invece, l'intento dell'imputato palesemente teso ad impedire che fossero conosciuti i suoi rapporti, e del suo entourage, con l'organizzazione mafiosa» e dunque «tale dato denota certamente la volontà di agevolare l'organizzazione».

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