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Questo articolo è stato pubblicato il 04 maggio 2011 alle ore 08:13.

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L'accertamento esecutivo in vigore dal 1° luglio continua ad agitare i professionisti. A invocare nuovamente un intervento che attenui la portata della disposizione introdotta con la manovra d'estate (articolo 29 del Dl 78/2010) è stato ieri il presidente dell'Accademia romana di ragioneria, Paolo Moretti, durante un confronto tra i professionisti e i rappresentati dell'amministrazione finanziaria.

A preoccupare i commercialisti, ha spiegato Moretti, è «l'assoluta mancanza della certezza del diritto» che la cosiddetta accelerazione della riscossione contribuisce ad alimentare. «I contribuenti – ha aggiunto Moretti – non dovrebbero pagare nulla almeno fino alla prima pronuncia del giudice». La giustizia tributaria non è pronta e per questo, spiega il presidente dell'Accademia romana di ragioneria, «sarebbe quanto mai necessario un intervento equo che rispetti i diritti di difesa dei contribuenti garantiti dalla costituzione».
Sulla possibilità che la giustizia tributaria dal prossimo 1° luglio possa "crollare" sotto il peso delle istanze di sospensione degli avvisi di accertamenti immediatamente esecutivi, ha manifestato più di un dubbio Fiorenzo Sirianni, a capo della direzione della Giustizia tributaria del Dipartimento delle Finanze. «A parlare – ha spiegato il Direttore – sono i dati: nel 2009, dei 297mila ricorsi presentati in primo grado soltanto il 33% era acompagnato da un'istanza di sospensione». Inoltre si tratta di dati assoluti e che riguardano tutto il contenzioso. Infatti, ha ricordato ancora Sirianni, l'accertamento esecutivo avrà comunque uno spazio di applicazione limitato «agli avvisi di accertamento per imposte dirette, Iva e Irap. Saranno esclusi, infatti, gli avvisi relativi a imposte doganali, quelli di registro, così come quelli automatici 36-bis e 36-ter».

«Far pagare il giusto e accelerare i tempi della riscossione, questo è il solo fine della norma e della stessa amministrazione», ha spiegato Pierpaolo Verna, direttore aggiunto Accertamento dell'agenzia delle Entrate». Non c'è nessun intento vessatorio e la misura che entrerà in vigore a luglio – ha aggiunto Verna – «rappresenterà un serio impegno anche per gli uffici finanziari. Sono certo che la norma potrà fare da battistrada anche per altri enti impositori che potrebbero ricorrere all'utilizzo della norma sulla concentrazione dei tempi della riscossione».
Sul dover far pagare il giusto e avere una riscossione «accelerata sui debiti certi» ha posto l'accento anche il garante del contribuente Francesco D'Ayala Valva, sottolineando come sia allo stesso tempo necessario «il pieno rispetto dell'articolo 7 dello Statuto del Contribuente quando impone anche all'amministrazione finanziaria la conoscenza effettiva della notificazione dell'atto». La modifica per rendere l'accertamento esecutivo meno "oppressivo" è comunque allo studio dell'Economia. Come già anticipato in queste pagine (si veda Il Sole 24 Ore del 21 aprile) si starebbero studiando tempi più lunghi per l'esecutività dell'avviso di accertamento impugnato, almeno fino alla prima pronuncia del giudice tributario. Il pallino è ora nelle mani del ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, che nelle prossime ore deciderà se imbarcare la modifica nel decreto sviluppo, il cui varo è atteso al Consiglio dei ministri di domani, oppure rinviare la modifica al prossimo Dl di inizio giugno con la manovra sull'annunciata manutenzione dei conti pubblici.

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