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Questo articolo è stato pubblicato il 07 maggio 2011 alle ore 15:03.

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L'accertamento esecutivo diventa meno minacciosoL'accertamento esecutivo diventa meno minaccioso

Tramontata l'ipotesi che i conti con un accertamento fiscale potessero essere regolati successivamente alla sentenza del giudice di primo grado – come avviene nel giudizio civile con l'immediata esecutività della sentenza – il decreto sviluppo attenua l'impatto del nuovo regime di esecutività degli atti di accertamento la cui entrata in vigore è prevista dal 1° luglio.

Gli intrecci tra le disposizioni che governano accertamento, riscossione e processo tributario sono tali che la corsa contro il tempo per un'effettiva tutela al contribuente dovrà essere attuata tenendo conto di quanto può essere prezioso utilizzare tutto il tempo messo a disposizione dal provvedimento.

Cominciamo dall'emissione dell'atto, nuovo spartiacque per l'applicazione del nuovo regime in sostituzione della notifica. La data del 1° luglio assume rilevanza solo se l'atto è emesso a decorrere da questo giorno e fermo restando il riferimento dell'atto al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2007: significa che un atto può essere notificato a luglio, o anche dopo, ma per rientrare nel nuovo regime di esecutività deve essere emesso dopo il 30 giugno 2011.

D'ora in poi inizia il conto alla rovescia, che vede il primo termine scadere il 60° giorno successivo alla notifica, momento in cui l'atto diviene esecutivo. Solo da questa data l'accertamento può generare effetti anche in termini di anticipazione della riscossione, laddove l'ufficio dell'agenzia delle Entrate ravvisi la necessità di procedere all'immediata riscossione dell'importo complessivo del credito se ritiene che il contribuente possa sottrarsi alla fase riscossiva (l'equivalente, in sostanza, dell'attuale iscrizione nei ruoli straordinari motivabile per le stesse ragioni).

Il secondo appuntamento è legato alla presentazione del ricorso e al pagamento della metà delle somme contemplate nell'atto e degli interessi: intorno a questo termine ruotano il possibile affidamento del ruolo, l'esecuzione forzata e la richiesta di sospensione, in caso di inadempienza del contribuente accertato.

Ma attenzione. A differenza dell'esecutività questo termine è "mobile", in ragione della possibilità di dilatare legittimamente il termine per l'impugnazione tramite l'accertamento con adesione. La presentazione dell'istanza determina la sospensione dei termini per ricorrere di 90 giorni, e non rileva nè l'esito del contraddittorio instaurato (Cassazione 15171/2006) nè l'eventuale mancata presentazione del contribuente istante (Corte costituzionale, ordinanza 140/2011), idonea a spingere in là nel tempo, 150 giorni, la presentazione del ricorso.

Non solo: laddove il lasso temporale di cinque mesi a disposizione impattasse sull'annuale periodo di sospensione dei termini processuali, il contribuente avrebbe ulteriori 46 giorni che, aggiunti ai 150 spettanti, "cumulano" un periodo di 6 mesi e mezzo per presentarsi all'appuntamento con l'impugnazione (si veda la Cassazione 2682/2011) e, almeno secondo il nuovo regime, al pagamento della metà degli importi accertati.

Giunti all'ultimo giorno utile, però, se il contribuente non può pagare occorre predisporre la sospensione cautelare per ottenere una copertura che, seppure parziale, evita grane peggiori. Decorsi altri 30 giorni dalla data di presentazione del ricorso senza che il contribuente sia passato in cassa, il suo debito è concesso "in affidamento" all'agente della riscossione che può procedere all'immediata esecuzione sui beni del debitore.

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