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Questo articolo è stato pubblicato il 16 maggio 2011 alle ore 06:42.

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La pronuncia 5749/11 della Cassazione ha ribadito che la disciplina del Dlgs 122/05 (disposizioni per la tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire) è riferibile solo agli immobili per i quali sia già stato richiesto il permesso di costruzione. La sentenza, però, ha posto l'accento su un vulnus del provvedimento normativo che non consente di tutelare l'acquirente in uno dei casi più classici, come il preliminare di permuta del terreno con parte della realizzanda costruzione. In tali casi infatti il costruttore, in quanto non legittimato, non è in grado per presupposto di munirsi del premesso di costruzione.
Le distinzioni
La decisione offre lo spunto per una rivisitazione dell'intera materia. Per affrontare l'argomento è necessario operare prima di tutto una serie di distinzioni. Da un lato ci sono gli immobili «ordinari» (vale a dire diversi da quelli a «uso abitativo» ai sensi dell'articolo 67, comma 2, lettera c della legge fallimentare e dell'articolo 10 del Dlgs 122/05) e immobili invece destinati a uso abitativo. All'interno di questi ultimi, immobili costruiti e immobili in corso di costruzione.
Per immobile in costruzione si intende quello per il quale sia stato richiesto il permesso di costruzione (Cassazione 5749/11) ma non sia ancora giunta l'agibilità.
Per gli immobili a uso abitativo l'esenzione è stata estesa (dal decreto correttivo) anche ai contratti preliminari, purché trascritti e non cessati nei loro effetti .
Nel caso degli immobili in costruzione l'esenzione non concerne l'intangibilità del preliminare, dato che l'articolo 72-bis della legge fallimentare abilita comunque il curatore a svincolarsi da quest'ultimo, quanto semmai la facoltà del promittente acquirente di anticiparlo richiedendo l'escussione della fideiussione prevista all'articolo 2 del Dlgs 122/05.
Due questioni risultano sicuramente centrali:
ecosa debba intendersi per «giusto prezzo»;
rcon riferimento a quale parametro debba calcolarsi la sproporzione del 25 per cento.
In riferimento al primo punto si potrebbero trarre utili indicazioni dalle stime ricavabilidall'Osservatorio del mercato immobiliare curato dall'agenzia del Territorio, individuando il giusto prezzo nel minor valore tra i due abitualmente indicati (minimo-massimo).
Nel secondo caso, premesso che prezzo «non giusto» non significa sproporzionato, non parrebbe corretto fissare la forbice del 25% con riferimento al parametro minimo quanto semmai a quello intermedio tra i due e in ogni caso, secondo l'orientamento consolidato della giurisprudenza, temperandolo alla luce della effettiva appetibilità del bene specifico.
Nel caso di definitivi preceduti da preliminare si deve ritenere, anche in virtù dell'espressa previsione dell'articolo 10 del Dlgs 122/05, che la valutazione debba essere fatta con riferimento alle condizioni di mercato al momento non del definitivo ma della promessa di acquisto, purché trascritta o con data certa anteriore al momento del fallimento (al riguardo dovendosi però ricordare l'orientamento esattamente opposto della giurisprudenza maturata, sotto il precedente regime, in materia di sproporzione tra le prestazioni).
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Le sentenze 9388/11
e 5749/11
Le differenze
8 Non revocabili in assoluto
8 Se compiuti non a giusto prezzo, nei sei mesi anteriori
al fallimento, revocabili
laddove il curatore dimostri
la consapevolezza dello
stato di insolvenza da parte dell'acquirente
8 Se compiuti, anche a giusto prezzo, nei sei mesi anteriori al fallimento, revocabili laddove il curatore dimostri la consapevolezza
dello stato di insolvenza da parte dell'acquirente
Se compiuti nella misura del 25 per cento, nell'anno anteriore
al fallimento, sono revocabili purché l'acquirente non dimostri
la sua inconsapevolezza dello stato di insolvenza

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