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Questo articolo è stato pubblicato il 29 maggio 2011 alle ore 18:00.

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Ignazio Francesco Caramazza (Ansa)Ignazio Francesco Caramazza (Ansa)

Cartellino giallo alla riforma costituzionale della giustizia da parte dell'avvocato generale dello StatoIgnazio Francesco Caramazza e dal presidente del Consiglio di Stato Pasquale De Lise.

Nel mirino soprattutto l'estensione ai magistrati della responsabilità civile esistente per tutti gli altri dipendenti della Pubblica amministrazione. «Costituisce un innegabile pregiudizio per l'indipendenza e l'autonomia dell'ordinamento giudiziario», attacca De Lise, durante la prima giornata di audizioni alla Camera di fronte alle commissioni Affari costituzionali e giustizia. Ma il guardasigilli tira dritto e difende la sua riforma.

Il giudizio che è chiamato a dare un magistrato, per De Lise, «è diretto all'accertamento dei fatti e all'applicazione delle norme attraverso un'attività di valutazione e interpretazione nella quale al giudice non possono non essere riservati spazi di autonomia nella formazione di un
convincimento libero e responsabile».

A rischio il coraggio decisionale dei giudici
Critiche alla norma sulla responsabilità civile delle toghe anche da parte del numero uno di via dei Porteghesi. Si potrebbe, osserva Caramazza, «creare un vulnus all'autonomia e all'indipedenza dei giudici, rischiando di attenuare il loro coraggio decisionale». Caramazza spiega che di fronte al timore di dover risarcire di tasca propria, le toghe potrebbero «non avere il coraggio» di emettere liberamente sentenze. I giudici insomma avrebbero una sorta di «freno a mano decisionale».

Ripensare la norma
La materia, aggiunge Caramazza, va «sicuramente rivista, ce lo chiede l'Europa, ma va fatto in maniera attenta». Secondo l'avvocato generale dello Stato, se si vuole intervenire sulla responsabilità dei giudici, «ci sono due paletti da rispettare: il fatto che l'Europa ci chiede di ampliarla in linea con il diritto comunitario; e quanto sostenuto più volte dalla Corte costituzionale, cioé che un giudice non può essere equiparato a un dipendente pubblico perché si lederebbe l'autonomia e l'indipendenza della magistratura». Come fare? Semplicemente, conclude Caramazza, ripensando la norma «esplicitando i criteri, indicarli in maniera precisa da subito, con una riserva di legge rafforzata. E uno di questi criteri potrebbe essere il rispetto delle norme Ue».

Alfano: è giusto che chi sbagli, paghi
Positivo il commento del ministro Angelino Alfano al termine delle audizioni: «Do un giudizio positivo perché c'è stato un confronto avvenuto nel merito della riforma». «Le audizioni della mattina - ha aggiunto il titolare di via Arenula - confermano la indispensabilità di questa norma che caratterizza il nostro progetto di riforma. Chi sbaglia paga, la legge è uguale per tutti, quindi anche per i magistrati». Alfano ha poi detto che non c'è motivo di non arrivare fino in fondo all'iter parlamentare della riforma costituzionale della giustizia, «anche perché - ha concluso - alla fine sarà il popolo a decidere con il referendum costituzionale».

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