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Questo articolo è stato pubblicato il 29 maggio 2011 alle ore 08:16.
Eravamo convinti che il diritto alla libera informazione prevalesse sul diritto allo sfruttamento dell'opera d'ingegno. Confidavamo che le decisioni contro un soggetto non potessero essere prese senza prima sentirlo. Ritenevamo che l'affidamento in esclusiva di una materia litigiosa al potere giudiziario impedisse l'intervento di ogni altro potere. Certezze giuridiche tuttora corrispondenti a regole costituzionali scritte e non, ma da ultimo indebolite dal decreto 44/2010 e dallo schema di regolamento sul diritto d'autore online dell'Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni. Vediamo in dettaglio.
La Costituzione ha distribuito secondo un ordine gerarchico i diritti fondamentali e le libertà economiche, ammettendo in caso di conflitto il sacrificio di queste ultime. Decreto e regolamento, invece, allineano il diritto di informare di una tv online con la legittima pretesa allo sfruttamento economico dell'autore di un film, per poi affidare all'Autorità il compito di ordinare la rimozione del materiale illecito o disporre l'inaccessibilità del sito, interamente pirata. Quindi, l'interesse per Costituzione prioritario è stato retrocesso in seconda linea, e quello che invece doveva essere sacrificato è stato protetto.
C'è un'alternativa a questa ipotesi regolatoria? Potremmo pensare a ristorare il pregiudizio patrimoniale del titolare del diritto d'autore con una misura economica, compensativa del danno da lui subito e maggiorata con un quid aggiuntivo in funzione punitiva verso il trasgressore. In tal modo si manterrebbero integri tanto il diritto di parola dell'impresa di comunicazione quanto quello di noi utenti di acquisire informazioni navigando in internet, cioè l'aspetto attivo e passivo della stessa libertà posta nell'articolo 21 della Costituzione. Il Digital millenium copyright act (Usa 1998), promosso dal regolamento a suo riferimento, prevede la sanzione pecuniaria in prima battuta, indicando quella ripristinatoria come estrema ratio.
La regola del contraddittorio, che dovrebbe assistere ogni procedura definitoria della lite tanto se decisa da un giudice che da un'autorità amministrativa, salta perché il regolamento dimentica di chiamare a controbattere proprio il soggetto che ha caricato il materiale presuntivamente illecito.
Infine, la riserva di giurisdizione posta in Costituzione per le libertà fondamentali è disattesa dal decreto che rimette la vertenza all'Autorità. Anche a voler intendere il rimedio amministrativo una via non preclusiva del trasferimento della lite in tribunale, tale addizione di mezzi è compatibile con la riserva di giurisdizione? Se riserva significa affidamento in esclusiva al giudice della decisione su A, B e C, su quei punti nessun altro potrà interloquire e un eventuale cumulo dovrà partire da D. Riserva e cumulo sono in un rapporto di incompatibilità reciproca. Né il divieto appare superabile con l'argomento che il privato con la scelta del rimedio amministrativo implicitamente rinuncia alla riserva. Questa protegge non un bene individuale, e, come tale, disponibile, ma il valore oggettivo delle libertà fondamentali. Connotando la forma di Stato, le libertà ne sono attributi ineliminabili, intangibili nel loro nocciolo duro anche dalla volontà normativa di revisione costituzionale o sovranazionale, e limitabili solo su decisione motivata dell'autorità giudiziaria alle condizioni poste dalla legge.
Ci sono ordinamenti, come quello statunitense o francese, che, senza riconoscere esplicitamente in Costituzione la riserva di giurisdizione, hanno affermato il monopolio del giudice sul complesso intreccio tra libertà di parola in internet e diritto d'autore. Noi, che disponiamo di una privativa costituzionalmente dettata, preferiamo cederla contro un provvedimento amministrativo di una Autorità indipendente.
Una irragionevolezza, o un frammento di un disegno ragionato tendente a indebolire la tutela delle libertà?
Professore di diritto costituzionale
Napoli Federico II di Giovanna De Minico
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