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Questo articolo è stato pubblicato il 30 maggio 2011 alle ore 08:09.

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Ai primati i tedeschi sono abituati. Oltre a essere la locomotiva della crescita economica in Europa, ora la Germania può appuntarsi un'altra medaglia al petto. Prima anche per fedeltà fiscale tra gli Stati della Ue. Non si può dire lo stesso dei Paesi arrivati più di recente al tavolo delle istituzioni comunitarie. A est del vecchio continente è più forte la prevalenza dei redditi «impliciti», vale a dire la ricchezza e il benessere reale, su quelli effettivamente disponibili. Parametri confrontati sulle 201 regioni in cui sono suddivisi i "grandi" Paesi ue (cioè quelli composti da più di una regione). In questo modo, l'indice elaborato dal centro studi Sintesi e Unioncamere Veneto consente di dimostrare come il rischio evasione sia potenzialmente più alto nelle aree dell'ex blocco sovietico.

Il rapporto è costruito tra i redditi delle famiglie e sette indicatori di potenzialità economica: crescita media annua del Pil, disoccupazione di lungo periodo, popolazione a rischio povertà, produttività del lavoro, effetto tasse e dei trasferimenti pubblici sul reddito, famiglie con accesso a Internet e auto ogni mille abitanti. L'aggregazione dei dati regionali fornisce una fotografia complessiva del Paese. A fare da discrimine c'è la media continentale (pari a 100). Il meccanismo è simile a quello adottato per il confronto interno (si veda la pagina a lato): sopra lo spartiacque i redditi sono superiori ai consumi, sotto avviene il contrario e quindi c'è un potenziale maggiore di somme non dichiarate al fisco.

La Germania ha il maggior grado di fedeltà fiscale. Una conseguenza del fatto che sono tedesche ben cinque regioni sulle prime dieci a livello continentale. Se si guarda nel dettaglio alle aree con più coerenza tra disponibilità e livelli di spesa, lo studio Sintesi-Unioncamere Veneto evidenzia come nelle posizioni di prima fila si trovino i distretti di grandi città europee (Amburgo, Parigi, Brema e Londra). Qui la forte concentrazione di istituzioni finanziarie e di attività in contesti territoriali relativamente contenuti porta ad allargare la forbice reddito-tenore di vita. E se non desta molte sorprese la collocazione di Austria e Francia a ridosso della Germania, è la quarta posizione dell'Italia che merita qualche riflessione in più. In primo luogo, l'allargamento del panorama di osservazione a tutto lo scenario comunitario fa sì che la media complessiva risenta anche dei risultati registrati nell'Est Europa. Ma il dato generale del nostro Paese, nonostante i divari Nord-Sud, è trascinato dalla maggiore fedeltà fiscale delle regioni settentrionali: Emilia Romagna e Lombardia sono nella top ten complessiva, mentre la Provincia autonoma di Bolzano è subito dietro e precede la Baviera.

Anche la Grecia si trova al di sopra della "linea d'ombra" della media comunitaria. In questo caso, il reddito disponibile delle famiglie è in linea con la media Ue e c'è un numero ridotto di automobili per ogni mille abitanti.

Scendendo verso il basso, il divario massimo tra "ricchezza" e benessere si raggiunge nelle regioni dell'ex blocco sovietico. Mentre in Romania e Bulgaria si registrano livelli di reddito disponibile strutturalmente bassi, in altre regioni (ad esempio Repubblica Ceca o Ungheria) i livelli di consumo sono simili a quelli dei Paesi occidentali ma senza avere le stesse disponibilità reddituali.

Sotto la media Ue ci sono anche i Paesi dell'area scandinava. Qui va messo a fuoco il reddito disponibile più basso per l'elevata incidenza del prelievo fiscale che, però, si traduce in servizi pubblici erogati, senza dimenticare l'alta diffusione di Internet (uno dei parametri utilizzare per "sintetizzare" il benessere).

La conclusione, secondo lo studio, è l'esigenza di riflettere sul reddito implicito dei territori nell'attribuzione dei fondi comunitari per evitare «il perpetuarsi di una situazione "distorta" nella quale cui le risorse finanziarie attribuite ad una regione non rispecchino i reali fabbisogni».

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