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Questo articolo è stato pubblicato il 31 maggio 2011 alle ore 07:03.

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Dopo tanti proclami sulle semplificazioni, la circolare delle Entrate contiene un importante annuncio: le operazioni già comprese nei modelli Intrastat non devono essere anche riprodotte nell'elenco delle operazioni di importo non inferiore a 3mila euro.

Meno gradita agli operatori è invece la conclusione relativa agli acquisti da parte di privati, che regolano il corrispettivo con una carta di pagamento, sia essa di debito, come il Bancomat, oppure di credito. L'obiettivo della tracciabilità viene infatti individuato solo nelle carte emesse in Italia, da operatori soggetti alla rilevazione richiesta dalla normativa interna, ai quali può essere chiesta la comunicazione di dati da parte del fisco.

Il problema, concretissimo soprattutto per i commercianti delle città ad alta presenza di turisti, riguarderà pertanto la conferma della "radiografia" che deve essere fatta a chi paga con un documento emesso all'estero (nemmeno facilmente distinguibile da quelli italiani), se spende almeno 3.600 euro. Come ricorda la circolare bisogna chiedere – e registrare, altrimenti come si farà a compilare l'elenco? – cognome e nome, luogo e data di nascita, nonché domicilio all'estero. Questa conclusione suscita qualche perplessità: se lo scopo dello "spesometro" è quello di rilevare i redditi potenziali dei nostri residenti, a cosa serve una analoga indagine su chi non sarà mai, di regola, un contribuente per l'erario italiano?

Tornando agli innegabili aspetti positivi della circolare, vorremmo valorizzare le espressioni relative alla soglia minima della rilevazione di queste operazioni: il controllo deve essere mirato sulle possibili situazioni di frode o evasione fiscale riguardanti importi di rilevante entità, piuttosto che su quelle a più basso rischio per le quali, il più delle volte, il controllo porta a contestazioni di minima entità o anche a nessuna contestazione. Viene alla mente l'ormai storico esempio di Robert Anthony, professore ad Harvard, sulla contabilizzazione del consumo delle matite in un'azienda. Ci sono tre metodi: spesare l'acquisto, fare un magazzino e spesare i prelievi da parte dei vari uffici, oppure misurare la riduzione della lunghezza delle matite sulla scrivania degli impiegati, perché solo questo è il consumo. Ma – concludeva Anthony – si capisce subito che questo terzo metodo è impraticabile.

E se così è, perché non mettiamo un limite inferiore anche agli altri due elenchi non imposti da nessuna direttiva comunitaria, l'Intrastat per i servizi acquistati e l'elenco black list? Per il primo abbiamo esempi concreti di un albergo che deve computare 3 (tre) euro di Iva sulla commissione per la prenotazione di una notte, fatta da un intermediario olandese - Intrastat acquisti - oppure 8 (otto) euro di imposta sull'aggiornamento dell'antivirus dal Lussemburgo - Intrastat acquisti ed elenco black list. E l'ormai metaforico caffè bevuto a Lugano dal titolare o dal professionista dovrebbe alimentare l'elenco black list, avendo la circolare 2/E escluso solo il rimborso ai dipendenti, contabilizzato nel costo del personale. L'oggetto di queste rilevazioni non è dissimile da quello della misurazione di quanto sono state temperate le matite in azienda, e come in quel caso il costo dell'adempimento è infinitamente superiore. Restiamo pertanto in fiduciosa attesa del contenimento di questi obblighi, del tutto inutili per il fisco e costosi – anche in termini di rischio sanzionatorio – per chi è tenuto a rispettarli.

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