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Questo articolo è stato pubblicato il 06 giugno 2011 alle ore 19:13.
Condanna per omicidio colposo a carico del legale rappresentante e del direttore dell'hotel che non predispongono o rispettano un piano di emergenza in caso di incendio. La vicenda esaminata dalla Corte di Cassazione con la sentenza 22334 (si legga il testo sul sito di Guida al diritto) riguarda la morte di tre turisti ospiti, di un albergo romano del quartiere Parioli, causata da un incendio provocato da due cittadine americane.
Salvo solo l'amministratore di fatto
Gli ermellini "salvano" solo l'amministratore di fatto, chiedendo alla Corte d'Appello di Roma di riconsiderare la sua condanna. Secondo il collegio la sua colpevolezza non poteva, infatti, essere desunta dalle condotte messe in atto dopo l'incidente in mancanza della prova di una sua ingerenza nella gestione dell'hotel prima dell'incendio.
La vicenda esaminata
Le donne, rientrate all'alba del 1 maggio 2004, avevano svuotato il posacenere nel cestino portarifiuti e, alla vista delle prime fiamme, erano fuggite, senza dare l'allarme. Un comportamento, per cui sono state giudicate, che non cambia la posizione dei responsabili dell'albergo, entrambi condannati, per non aver predisposto un adeguato piano antincendio e per aver omesso di vigilare sul rispetto delle misure di sicurezza.
Omissioni sul fronte della prevenzione
Prima tra tutte quella che prevede la presenza sul posto del personale addestrato per affrontare l'emergenza. Un compito che spettava senz'altro alla direttrice dell'hotel che, nella sua duplice veste di dirigente e responsabile del coordinamento della squadra anti incendio aveva il dovere di predisporre, nelle 24 ore, dei turni per la rotazione del personale qualificato. Omissioni di cui è stato ritenuto responsabile anche il legale rappresentante della società proprietaria della struttura che, in virtù della sua posizione di garanzia quale datore di lavoro, doveva vigilare sul rispetto delle regole.
Respinto il tentativo di addossare la responsabilità alle vittime
La Suprema corte respinge con decisione il tentativo dei ricorrenti di addossare la responsabilità dei tre morti all'inadeguato comportamento dei dipendenti in servizio e agli errori compiuti dalle vittime, una delle quali era morta nel tentativo di fuggire dal balcone mentre le altre due erano rimaste imprigionate nel bagno in cui avevano cercato rifugio. I giudici di via Cavour escludono il nesso causa-evento tra le scelte - dovute all'inevitabile panico del momento - e una morte che avrebbe potuto essere evitata con le accortezze necessarie.
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