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Questo articolo è stato pubblicato il 19 giugno 2011 alle ore 08:14.

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di Vincenzo Zeno-Zencovich Da più parti - e anche su questa rubrica il 29 maggio scorso - si paventa che le iniziative proposte dall'Agcom per contrastare la dilagante pirateria on line possano ledere principi e valori costituzionali. La tesi merita un ragionato ma fermo dissenso.
Per quanto riguarda il diritto alla protezione dei dati personali sancito dall'articolo 8 della Carta europea dei diritti fondamentali (cui l'articolo 6 del Trattato di Lisbona attribuisce pari valore del Trattato medesimo) la procedura di notice-and-take-down proposta dall'Agcom prescinde del tutto dalla identificazione del l'utente, il quale ha un rapporto esclusivo con il soggetto (operatore di rete, gestore del sito, aggregatore di contenuti) cui compete fornire – in base alla direttiva 136/09 – tutte le informazioni su eventuali irregolarità nella fruizione dei vari servizi.
Per quanto riguarda l'eventuale lesione del diritto di informazione e della libertà di manifestazione del pensiero, tutelati dall'articolo 21 della Costituzione, va dissipato un grave equivoco. La diffusione al pubblico di un'opera protetta perché possa essere riprodotta invito domino non rientra nell'ampia sfera di protezione accordata dalle disposizioni della Carta alla libertà di espressione.
Al contrario, l'invocazione di un'immunità costituzionale per poter violare l'altrui diritto d'autore è rigettata dalle corti costituzionali che tale questione si sono poste, a cominciare da quella Suprema degli Stati Uniti, ordinamento all'interno del quale il 1° Emendamento alla costituzione è ritenuto da almeno mezzo secolo pietra angolare di tutto il sistema e valore preminente sugli altri. È opportuno, dunque, richiamare la decisione Eldred v. Ashcroft del 2003, che ha sostanzialmente chiuso la porta a contenziosi contro la protezione accordata dal diritto d'autore sulla base di argomentazioni fondate su un presunto contrasto con la libertà di espressione.
La Corte Suprema ha, infatti, ricordato che la disciplina del diritto d'autore ha precipuamente lo scopo di promuovere la creazione e la diffusione di una espressione libera. «Il diritto d'autore è il motore della libertà di espressione. Nell'affermare un diritto allo sfruttamento economico delle proprie espressioni, il diritto d'autore fornisce l'incentivo a creare e diffondere idee».
Peraltro, concetti analoghi erano stati espressi un trentennio prima dalla Corte Costituzionale italiana che - trattando dell'ancor più delicato tema del sequestro di opere dell'ingegno abusivamente riprodotte - nella sentenza 38/73 aveva escluso che le norme a tutela del diritto d'autore violino l'articolo 21 della Costituzione, ponendo limitazioni alla manifestazione del pensiero o sottoponendo i mezzi di diffusione ad autorizzazione o censura. Pare inutile osservare che quando qualcuno rende disponibile, invito domino, l'altrui opera protetta, non sta manifestando il proprio pensiero, bensì sta utilizzando per un proprio vantaggio il pensiero altrui, che si è concretizzato in un'opera creativa tutelata dal diritto.
Va solo aggiunto che il bilanciamento fra protezione dell'opera dell'ingegno e diritto di informazione e critica è insito sia nella copiosa normativa internazionale e comunitaria in questione, che nella legge sul diritto d'autore (che vi si conforma), laddove vengono con estremo dettaglio disciplinate le utilizzazioni libere delle opere altrui ed il diritto di copia privata, contemperando le diverse esigenze dell'autore e del pubblico. Tali disposizioni sono presidiate dall'articolo 11 della Costituzione, dato il principio internazionalistico del pacta sunt servanda.
E proprio le norme di rango internazionale ci ricordano (articolo 54 della Carta europea dei diritti fondamentali) il principio invalicabile del divieto dell'abuso del diritto: la libertà di manifestazione del pensiero non può seriamente essere invocata quando questa, nei fatti (e nelle intenzioni), risulta nella distruzione della protezione accordata alla creatività artistica e al suo esclusivo sfruttamento da parte dell'autore. Come pure sa di (beffardo) abuso invocare il contraddittorio per soggetti che deliberatamente si sono collocati in luoghi inaccessibili alla giustizia europea, nascondendosi dietro prestanomi dichiarati (i proxies).
Professore di diritto comparato
Università Roma Tre

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