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Questo articolo è stato pubblicato il 16 luglio 2011 alle ore 16:04.

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Indice Ocse misura la crisi guardando ai debiti con il fisco e ai ritardi di pagamentoIndice Ocse misura la crisi guardando ai debiti con il fisco e ai ritardi di pagamento

L'economia frena, la produzione stenta, i consumi s'arrestano, e per concludere, i tributi si pagano seguendo intervalli temporali sempre più estesi, tanto che i ritardi s'accumulano fino a stratificarsi. In pratica, tasse, imposte e quant'altro finiscono, di norma, e non più per il sopraggiungere d'una eccezionalità contabile, per rallentare il loro fluire costante dalle tasche dei contribuenti, e dai bilanci delle imprese, in direzione dei rispettivi erari nazionali.

Si tratta d'una dinamica già nota, e per alcuni osservatori e ricercatori dell'Ocse, persino ovvia, se non addirittura naturale. Ciò che mancava però, in occasione delle precedenti crisi, non soltanto della finanza, era proprio la possibilità di osservare, e di misurare, in via comparata e per singolo Paese, l'incidenza effettiva d'una crisi sui tempi complessivi con cui milioni di contribuenti, società incluse, provvedono al pagamento delle somme dovute.

La novità è che oggi, gli automatismi derivanti dalla diffusione di strumenti telematici sempre più sofisticati, e il concentrarsi di miliardi di numeri in appositi database, cui le amministrazioni finanziarie fanno ricorso in modo quasi sistemico, consentono di registrare, quantificare e persino indicizzare il timing tax-shock, cioè il ritardo, che il manifestarsi d'una crisi mondiale determina su milioni di contribuenti chiamati, indifferentemente dalla bandiera del Paese in cui risiedono, a versare il dovuto al fisco domestico entro termini temporali predefiniti.

Il Tax Debt Index Crisis
Dunque, dal raffronto delle dinamiche di crescita dei debiti con il fisco, nel corso del triennio 2007-2009, l'Ocse ha elaborato un nuovo indice sintetico che permette di osservare il cambiamento effettivo, concreto, che l'incedere d'una crisi profonda, come quella attuale, può recare in diversi ambiti nazionali. Una comparazione utile per individuare anche le realtà, e i mercati, su cui maggiormente s'è trasferita la negatività del ciclo economico negativo.

Calendari fiscali elastici a misura di crisi
Scorrendo la tabella, su cui il tax debt-Index traccia il profilo del vulnus fiscale Paese per Paese, i dati confermano sia le criticità che alcuni Stati attraversano sia alcune novità inattese. Nessuno, infatti, si stupisce nell'osservare, in Grecia, l'aumento, pari a 6,6 miliardi di euro, dei tributi che ancora attendono d'essere pagati. Senza scomodare né l'evasione fiscale, né l'elusione, si tratta semplicemente di centinaia di migliaia di contribuenti cui, con rare eccezioni, comunque evidenti, i conti non tornano. Ragione questa che li spinge ad allungare i tempi dei versamenti dovuti a causa della Crisi accumulando ritardi. In termini percentuali, il riscontro indica un aumento del 25% rispetto al 2007, anno ante-crisi. Il caso britannico, invece, è sicuramente quello che maggiormente invita esperti e analisti a riflettere. Il Paese mostra delle ferite, ma nulla a paragone con altri Paesi dell'area europea. Eppure, nonostante l'economia tenga, nel triennio passato i debiti con il fisco, determinati da semplici ritardi nei pagamenti e non da ambiziosi piani di evasione o elusione fiscale, hanno fatto registrare un incremento di 4miliardi di euro, segnando un +12% sul 2007.

Francia e Germania, i capisaldi della linea Maginot del Fisco
Sul versante opposto, invece, la performance dei contribuenti francesi e tedeschi indica una sostanziale tenuta dei bilanci dei rispettivi contribuenti. Ansie contabili modeste, quasi irrilevanti, nonostante la Crisi. Nel dettaglio, mentre in Francia i debiti con il Fisco, imputabili a semplici ritardi, sono diminuiti per una somma pari a 1,6 miliardi di euro, -5%, in Germania il debito s'è ristretto per un ammontare di 1 miliardo di euro, ovvero, -14%. Mentre la criticità della Danimarca, dove i ritardi nel pagamento dei tributi sono aumentati del 70%, rivelano la criticità d'un Paese che, fino ad oggi, aveva mantenuto un profilo distinto e piuttosto integro. Evidentemente, i contribuenti danesi non condividerebbero questo assunto. Assieme alla Danimarca, anche sui Paesi Baltici l'impatto della crisi s'è manifestato determinando un rallentamento dei pagamenti dei tributi dovuti. In particolare, l'Estonia ha fatto registrare un gap del 58%, rispetto al 2007, mentre Lettonia e Lituania hanno riportato un deficit da ritardo nel versamenti d'imposte e tasse pari rispettivamente a +77% e +110 per cento. Numeri che segnalano una vera e propria deriva dei trend tributari all'interno dei confini del mercato baltico. Area strategica mai segnalata prima tra le zone di crisi più significative.

Ma il Fisco non sta a guardare
Dall'analisi dell'Ocse s'osserva anche la prontezza delle amministrazioni finanziarie che, in gran numero, ben 29, hanno anticipato il trend negativo di milioni di contribuenti introducendo calendari più elastici e criteri semplici per il pagamento dei tributi dovuti. Sono state invece 17 le Agenzie delle Entrate che hanno provveduto a estendere i termini per effettuare i versamenti, mentre sette Amministrazioni hanno ridotto interessi e sanzioni in caso di ritardo e, per finire, introducendo norme e criteri più a misura di contribuente in vista dell'estinzione non a breve ma a più lungo tempo dei debiti contratti con il Fisco. Comunque, il risultato è stato modesto, visto che nel corso del triennio complessivamente i debiti, per semplici ritardi, nel pagamento di imposte e tasse, sono stati pari a 500miliardi di dollari.

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