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Questo articolo è stato pubblicato il 24 luglio 2011 alle ore 08:12.

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La Corte costituzionale ha ritenuto legittima una norma finanziaria che consente di avocare allo Stato una somma già stanziata e destinata alle regioni, per un mancato impegno che non è dipeso da alcuna inerzia o colpa della Regione, che non ha partecipato, tra l'altro alla conferenza Stato-Regioni.
Questa è la motivazione della sentenza (207/2011): «La sopravvenuta esigenza di contenimento nella spesa pubblica e nella finanza locale possono giustificare interventi legislativi di riduzione e razionalizzazione delle erogazioni dello Stato in favore delle regioni e degli enti locali nel medesimo settore, nel segno di una diversa allocazione delle risorse in vista di un equilibrio unitario della finanza pubblica, in connessione con il perseguimento di obiettivi nazionali, condizionati anche da obblighi comunitari». Sulla base di una sua giurisprudenza consolidata (326/2010; 273/2009) la Corte ha ritenuto non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 1 del Dl 78/2010, promossa dalla regione Liguria per violazione degli articoli 117 e 119 della Costituzione, nonché dei principi di leale collaborazione fra Stato ed enti locali e di legittimo affidamento.
La norma impugnata prevede che «le autorizzazioni di spesa i cui stanziamenti annuali non risultano impegnati sulla base delle risultanze del rendimento generale dello Stato, relative agli anni 2007, 2008, 2009 sono definanziate. Le disponibilità individuate sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere assegnate al fondo ammortamento dei titoli di Stato». La Liguria ritiene che, con tale norma, siano stati violati gli articoli 117 e 119 della Costituzione in quanto lo Stato avrebbe inciso sulla competenza legislativa residuale delle regioni in materia di comunità montana, sull'autonomia finanziaria regionale e avrebbe leso i principi di leale collaborazione tra istituzioni e di legittimo affidamento per effetto dell'alterazione della programmazione già effettuata dalla Regione, sulla base dei finanziamenti già disposti dallo Stato. La Corte ha fatto riferimento all'aspetto e alla disciplina della norma esaminata, per ciò che esse dispongono nel complesso dell'intervento legislativo e nei punti fondamentali, tralasciando gli aspetti marginali.
Si verte in tema di stanziamenti previsti dallo Stato nel proprio bilancio, con una serie molto vasta di interventi, tra i quali vi è anche quello del Fondo nazionale per la montagna e dunque per le comunità montane. Si tratta di risorse statali che, non ancora utilizzate, ricevono nel bilancio statale una destinazione ritenuta più consona in rapporto al mutato quadro della politica economica.
Non viene violato il principio della leale collaborazione dal momento che si tratta di risorse del bilancio dello Stato non ancora impegnate. La mancanza di concreti atti di impegno da parte della Regione in presenza di risorse assegnate ma non utilizzate, in un arco di tempo non breve, giustifica l'intervento su quelle risorse. In generale, la norma che prevede a una diversa destinazione di risorse non impegnate «disponendo una nuova programmazione di esse per il conseguimento di obiettivi di rilevanza strategica nazionale, non è costituzionalmente illegittima» (16/2010). La norma non è lesiva degli articoli 117 e 119 della Costituzione, non sussiste alcun obbligo dello Stato di procedere al finanziamento di attività rientranti nelle competenze legislative regionali (72/2011; 105/2007).
La decisione statale di revocare il finanziamento di un'opera, in un ambito della potestà residuale delle Regioni, non incide sulle competenze legislative e amministrative della stessa, in quanto non impedisce a quest'ultima di realizzarla con mezzi propri.
Non c'è violazione della potestà legislativa residuale della regione in materia di comunità montane perché questa materia viene in rilievo solo indirettamente nel quadro della norma di bilancio dello Stato, anche se numerose leggi statali abbiano disposto nel tempo finanziamenti a favore di esse. Non c'è, infine, violazione del principio del legittimo affidamento, giacché la norma impugnata ha inciso su stanziamenti statali per i quali non sono stati posti in essere né programmi né atti d'impegno.
Dal punto di vista formale, la sentenza della Corte in esame è persuasiva nel suo rigore. Dal punto di vista politico-istituzionale un finanziamento dello Stato alla Regione non può ignorare la programmazione della Regione e la circostanza che questa non ha potuto partecipare alla conferenza Stato-Regioni. In materia come questa la Corte, quando ha voluto, ha tenuto conto della realtà effettuale.
© RIPRODUZIONE RISERVATA di Enrico De Mita

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