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Questo articolo è stato pubblicato il 01 agosto 2011 alle ore 06:43.

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È rimesso nei termini per l'impugnativa degli atti tributari il contribuente che dimostri di essere incorso nella decadenza per colpe a lui non imputabili. A stabilirlo l'ordinanza della Ctp di Lecce n. 377/1/2011.
Il collegio pugliese si è trovato di fronte al caso di un contribuente raggiunto da un avviso di accertamento del fisco. Per motivi non chiariti in sentenza, ma che il collegio ascrive a un «insano gesto, posto in essere da una mente turbata e sconvolta, sicché assolutamente irresponsabile» da parte del difensore a cui era stato affidato il compito di impugnare l'atto, erano scaduti i termini per il contenzioso. Così il contribuente è stato raggiunto dalla notifica della cartella di pagamento relativa allo stesso accertamento non impugnato in tempo utile.
Il diretto interessato, pertanto, subito dopo aver dato incarico a un nuovo difensore, ha presentato ricorso contro la cartella di pagamento emessa dal fisco, invocando innanzitutto l'applicazione dell'istituto della rimessione nei termini per impugnare l'accertamento originario.
La rimessione nei termini nell'ambito del processo tributario è stato argomento molto dibattuto e, solo recentemente, l'orientamento della giurisprudenza di legittimità (Cassazione, sentenza n.3006/2008 e ordinanza n.15143/2009) aveva dato segnali positivi in ordine alla sua fruibilità nel contesto specificato.
L'entrata in vigore della legge n. 69/2009, poi, ha introdotto sostanziali modifiche al codice di procedura civile, alcune delle quali con forti risvolti anche nel processo tributario. Con l'articolo 46, comma 3, è stato aggiunto il comma 2 all'articolo 153 del Codice di procedura civile secondo il quale «la parte che dimostra di essere incorsa in decadenza per causa ad essa non imputabile, può chiedere al giudice di essere rimessa in termini».
In questo modo, si è voluto sostanzialmente attenuare il rigore dell'inderogabilità dei termini processuali perentori, consentendo alla parte che sia incorsa per forza maggiore nella decadenza, la possibilità di conservare il diritto all'impugnativa dell'atto scaduto.
Per il comma 2 dell'articolo 1 del Dlgs 546/1992 (le disposizioni relative al processo tributario) «i giudici tributari applicano le norme dei presente decreto e, per quanto da esse non disposto e con esse compatibili, le norme del codice di procedura civile». Pertanto la prerogativa è applicabile anche al processo tributario. Proprio in considerazione di tale nuova regolamentazione, il collegio leccese ha formalmente rimesso nei termini il contribuente, non potendosi imputare allo stesso l'imperizia assunta dal suo precedente difensore. A questi, quindi, secondo il dispositivo, è consentito avvalersi di tutti gli strumenti di difesa previsti dal Dlgs n. 546/92 in riferimento all'avviso di accertamento originariamente notificato.
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