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Questo articolo è stato pubblicato il 21 agosto 2011 alle ore 08:13.

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Nei contratti di assicurazione i premi e le prestazioni devono essere sempre uguali per uomini e donne. Lo ha affermato la Corte di giustizia europea con sentenza del 1° marzo 2011, in un procedimento avviato con riguardo alla legislazione belga, censurando la direttiva 2004/113/Ce sulla parità di trattamento che, a certe condizioni, permetteva agli Stati membri diversificazioni in base al sesso.
L'articolo 5, comma 2 della direttiva consentiva infatti una differenziazione proporzionata dei premi e delle prestazioni «ove il fattore sesso sia determinante nella valutazione dei rischi, in base a pertinenti e accurati dati attuariali e statistici».
Molti Stati, tra i quali l'Italia e la Germania, avevano mantenuto una tale differenziazione in linea con la prassi vigente. In Italia i prodotti assicurativi offerti, soprattutto nei rami auto e vita, sono spesso differenziati in base al fattore sesso (nel 2009, il 16% circa dei premi contabilizzati nei rami auto e vita riguardava prodotti differenziati in base al sesso). Molte sono le ragioni: la più alta aspettativa di vita delle donne, il comportamento più responsabile e pertanto più oneroso nei confronti della propria salute (visite mediche più frequenti) e una guida più prudente.
Le differenze nei premi e nelle prestazioni a seconda del rischio sono espressione di un principio base dell'assicurazione privata, l'equivalenza tra rischio e premio. Fino ad ora sono state ammesse eccezioni solo per motivi socio-politici. Così, per esempio, in base alla direttiva 2004/113/Ce in tutti gli Stati membri il calcolo dei premi delle assicurazioni sanitarie private viene diviso equamente tra uomini e donne anche in relazione ai costi sostenuti soltanto dalle donne a seguito di gravidanza o maternità. Anzi, è espressamente esclusa la possibilità di deroga per la determinazione di premi o prestazioni differenziate per i rischi di gravidanza e maternità.
La sentenza della Corte di giustizia europea ha stabilito che l'articolo 5, comma 2 della direttiva sarà invalido dal 21 dicembre 2012 (alla scadenza di un periodo transitorio); pertanto da tale data saranno vietate anche le diversificazioni basate sul sesso finora consentite.
Tuttavia le motivazioni della Corte non convincono, e anzi mandano delusa la speranza di una più ampia discussione del principio di parità di trattamento con riferimento ai contratti di assicurazione.
Secondo la giurisprudenza della Corte, il principio della parità di trattamento impone che situazioni uguali non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, salvo che tale trattamento non sia oggettivamente giustificato. Ed è proprio per questo che forse una diversificazione in base al sesso avrebbe la propria ragion d'essere pur senza essere ingiustamente discriminatoria.
Per le assicurazioni la sentenza significa che, dal 21 dicembre 2012, nella Ue non potranno essere elaborati premi e condizioni di assicurazioni differenziate in base al sesso. Né vi sono altri criteri alternativi utilizzabili: ad esempio, non sarebbe lecito controllare altri parametri, quali le abitudini nutrizionali, sportive o sul consumo di alcolici del singolo assicurato. Rimane poi la questione della validità delle differenziazioni in base al sesso adottate nei contratti sottoscritti prima del 21 dicembre 2012, poiché la Corte non si è espressa al riguardo. Ancora, la sentenza potrebbe avere degli effetti sulla emananda direttiva sulla parità di trattamento in ragione di disabilità o dell'età, che prevede la possibilità di differenziazioni in relazione ai contratti di assicurazione. In ogni caso, qualora in futuro il legislatore europeo dovesse lasciare agli Stati membri la possibilità di derogare al generale divieto di discriminazione in relazione al sesso (o ad altri fattori) per quanto riguarda l'accesso a beni e servizi finanziari, inclusi quelli assicurativi, e sempre che nel frattempo non si intervenga con un nuovo intervento correttivo rispetto alla portata di questa sentenza, i legislatori nazionali dovranno tener conto di quanto recentemente affermato dalla Corte di giustizia.
* Freie Universität di Berlino
© RIPRODUZIONE RISERVATA di Christian Armbrüster *
e Cecilia Carrara

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