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Questo articolo è stato pubblicato il 23 agosto 2011 alle ore 06:40.

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Un immobile adibito a moschea anche se posseduto da un'associazione e non classificato nella categoria E è esente dall'Ici, perché è un diritto costituzionalmente garantito esercitare in privato l'attività di culto. Lo ha affermato la Commissione tributaria provinciale di Lecco, prima sezione, con la sentenza 166/2011.
Il Comune aveva negato l'agevolazione perché l'immobile risultava classificato in Catasto come D/1 (opifici) anziché nella categoria E/7, come fabbricato per l'esercizio del culto.
Inoltre, non era destinato esclusivamente ad attività religiosa, in quanto veniva utilizzato per altri scopi dell'associazione. Per i giudici, invece, l'associazione «ha diritto di utilizzare la proprietà privata come luogo destinato al culto», poiché esercitare in privato il culto è «un diritto costituzionalmente garantito a tutti». Viene richiamata nella sentenza una pronuncia del Tribunale di Lecco che aveva riconosciuto l'edificio come luogo di culto.
Le «risultanze di natura documentale e orale emerse nel corso dell'istruttoria dibattimentale» avevano convinto il giudice che l'immobile fosse di fatto utilizzato «come luogo di culto dalla comunità di religione musulmana».
In effetti, l'articolo 7, comma 1 lettera d) del decreto legislativo 504/1992 riconosce l'esenzione ai fabbricati, e loro pertinenze, destinati esclusivamente all'esercizio del culto, purché compatibile con i principi contenuti negli articoli 8 e 19 della Costituzione.
Tuttavia, ai fini del riconoscimento dei benefici fiscali per gli enti religiosi non è sempre facile individuare una netta distinzione tra sacro e profano. La destinazione di un immobile all'attività di culto o ad altre attività non commerciali (assistenza, beneficenza e così via) ritenute esenti deve essere esclusiva. Non basta che sia parziale, anche se prevalente.
La Cassazione (sentenza 6316/2005), a proposito di un fabbricato utilizzato dal vescovo, ha affermato che è esente dall'Ici, anche se non si tratta di immobile con finalità dirette di culto, a condizione che venga destinato allo svolgimento delle funzioni pastorali. In questo caso, per i giudici, si trattava di un immobile utilizzato da un ente non commerciale, destinato esclusivamente ad attività non produttive di reddito.
Secondo la Cassazione (sentenza 26657/2009), il primo scopo di un ordine religioso è la formazione di comunità in cui si esercita la vita associativa quale presupposto per la catechesi, l'elevazione spirituale dei componenti e la preghiera in comune.
Peraltro, contrariamente a quanto sostenuto dal comune, la classificazione catastale di un fabbricato non può condizionare il riconoscimento di un'agevolazione fiscale.
L'esenzione Ici spetta agli enti non commerciali anche se l'inquadramento catastale dell'immobile non è coerente con la loro attività istituzionale. Per la Cassazione (sentenza 19732/2010), infatti, la situazione di fatto prevale rispetto all'accatastamento del bene, considerato che per la normativa Ici quello che conta è la destinazione concreta dell'immobile, a prescindere da qualunque dato formale (fanno eccezione i fabbricati rurali, sentenza sezioni Unite, 18565/2009).
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