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Questo articolo è stato pubblicato il 31 agosto 2011 alle ore 06:45.

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MILANO
Raccogliere notizia anche via internet o video, selezionarle e leggere in radio costituisce un'attività giornalistica a tutti gli effetti. Lo precisa la Corte di cassazione con la sentenza n. 17723 della Sezione lavoro depositata il 29 agosto. La pronuncia ha così respinto il ricorso presentato dalla Srl Publikappa contro il verdetto della Corte d'appello di Napoli la quale aveva riconosciuto la natura giornalistica del rapporto di lavoro intercorso con una dipendente e aveva condannato di conseguenza la società alla corresponsione del trattamento economico corrispondente a quello previsto dal contratto collettivo per la qualifica di redattore. La società, nei motivi di ricorso, aveva negato, tra l'altro, che potesse essere considerata giornalistica un'attività di semplice ripetizione di notizie conosciute attraverso la lettura dei comunicati Ansa e Televideo.
La Cassazione ha però osservato, richiamando anche alcuni precedenti in materia, che per attività giornalistica «deve intendersi la prestazione di lavoro intellettuale volta alla raccolta, al commento e all'elaborazione di notizie destinate a formare oggetto di comunicazione interpersonale attraverso gli organi di informazione». Il giornalista, nella lettura della Corte, è un mediatore intellettuale tra il fatto e la sua diffusione: deve cioè prendere conoscenza di un evento, valutarne la rilevanza, e «confezionare» un messaggio aggiungendoci un surplus soggettivo e inventivo. Importanti, poi, la continuità e la periodicità del servizio, del programma o della testata e il pieno inserimento nell'organizzazione del lavoro della pubblicazione.
I giudici concordano così con l'interpretazione data dalla Corte d'appello di Napoli che aveva individuato nella prestazione resa dalla dipendente le caratteristiche del lavoro di redazione, in particolare sotto il profilo della raccolta, della valutazione e dell'elaborazione della notizia. La lavoratrice, infatti, secondo le testimonianze, provvedeva alla raccolta delle notizie pubblicate dai notiziari dell'Ansa e del Televideo, alla scelta di quelle ritenute a suo giudizio più importanti, apportando anche modifiche; in seguito ne dava lettura nel corso di una trasmissione radiofonica.
Per la Cassazione poi, tra le conseguenze del riconoscimento della natura giornalistica del rapporto di lavoro, c'è l'applicazione del relativo contratto collettivo nazionale. Almeno per quanto riguarda la parte economica e fino a prova contraria. La sentenza non dà rilevanza, per questo aspetto, al fatto che la lavoratrice fosse stata iscritta solo in seguito al registro dei praticanti: le mansioni effettivamente svolte erano, infatti, di evidente natura redazionale.
Come pure non è in discussione, precisano i giudici, il vincolo di subordinazione intercorrente tra la società e la dipendente: era infatti pienamente inserita nell'organizzazione aziendale. E per sostenere l'applicazione di un contratto di natura diversa (quello previsto dalla convenzione «Corallo») la società non aveva provveduto a un'approfondita argomentazione indicando le norme applicabili.
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Il testo della sentenza
LA SENTENZA
Costituisce attività giornalistica la prestazione di lavoro intellettuale nella sfera dell'espressione originale o di critica rielaborazione del pensiero (...).
Non si è discostata da tali principi la Corte territoriale con l'affermazione che nell'attività svolta dalla X erano rinvenibili tutti i tratti caratteristici dell'attività giornalistica, ed in particolare quelli della raccolta, della valutazione, e della elaborazione della notizia, che, come risultava, dalle deposizioni di tutti i testi escussi in primo grado, ivi compreso quello indicato dalla società., si evidenziavano nella raccolta, da parte della lavoratrice, delle notizie pubblicate dai notiziari Ansa o dal Televideo, nella scelta di quelle ritenute a suo giudizio più importanti, nella possibilità di apportarvi alcune modifiche e nella lettura che del testo così confezionato veniva data nel corso della trasmissione radiofonica.
Corte di cassazione, Sezione Lavoro, sentenza . 17723 del 29 agosto 2011

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