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Questo articolo è stato pubblicato il 04 settembre 2011 alle ore 14:30.

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«Incide sull'indebitamento, deve saltare o essere drasticamente cambiato», dice il Governo. «Non è vero, non pesa sul debito pubblico», ribatte l'opposizione. Sarà giallo (e battaglia) fino all'ultimo sull'emendamento alla manovra bis, approvato venerdì nonostante il «no» del Governo, che impone alla Pa di certificare i debiti con le piccole imprese nei casi di ritardato pagamento. Una norma, presentata dal Terzo Polo e votata da tutta l'opposizione col sostegno di Forza Sud, che potrebbe sanare fatture arretrate del valore stimato fino a 60 miliardi, sempreché le banche assumano la titolarità del credito. Ma che in aula, se non prima, potrebbe saltare per «inammissibilità».

La frenata è arrivata ieri dal Governo, che sta tentando tutte le strade per cercare di fare retromarcia, in commissione o da martedì in aula. Il rischio, secondo fonti dell'Economia, è che la misura possa incidere sull'indebitamento poiché la certificazione dei crediti farebbe emergere somme non contabilizzabili secondo i principi europei del Sec2 usati per la compilazione dei bilanci pubblici. «Ci sono aspetti tecnici da verificare per valutare l'applicabilità della misura. Valuteranno l'Economia e la Ragioneria generale», ha detto il capogruppo del Pdl, Maurizio Gasparri, riconoscendo tuttavia che «il principio è buono perché è garantita la certezza di pagamento». Una frenata più netta è invece già arrivata sempre dalla maggioranza dal leghista Massimo Garavaglia, vice presidente della commissione Bilancio: «Così com'è la norma non funziona. Penso che ci sarà un'attenzione particolare e si andrà verso una riformulazione o un'abolizione».

Tutto in sospeso, dunque. Anche se le opposizioni incalzano per mantenere in vita la misura salva-crediti per le imprese. A contestare apertamente Governo e maggioranza è stato Mario Baldassarri, presidente della commissione Finanze e tra i firmatari dell'emendamento, che nega l'esistenza di qualsiasi rischio sui conti pubblici dal'applicazione dell'emendamento: «Non ha effetti sul debito pubblico», ha dichiarato in una nota. Il debito pubblico, spiega Baldassarri, «è un dato di cassa e infatti si accumula di anno in anno rispetto al fabbisogno di cassa e non ha niente a che vedere con l'indebitamento netto di competenza». Pertanto, finché dalla cassa delle Pa non esce un euro, «non c'è nessun effetto di modifica del numero del debito pubblico». Inoltre, «se una impresa, come in un qualunque rapporto tra privati, emette una fattura e il suo debitore la accetta e questa impresa trova una banca che le anticipa finanziariamente la stessa fattura pro solvendo, non cambia né il soggetto creditore né il soggetto debitore».

A beneficiare della norma sarebbero titolari di partite Iva, imprese artigiane e piccole imprese. Per loro, in caso di mancato pagamento dei crediti sei mesi dopo la scadenza per contratto, si aprirebbe la possibilità di chiedere alla Pa la certificazione delle somme dovute, con la possibilità di cedere il credito alle banche (se vorranno), che verserebbero alle imprese l'intero importo e assumerebbero a loro volta la «piena titolarità del credito» verso la Pa.

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