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Questo articolo è stato pubblicato il 13 settembre 2011 alle ore 07:54.
Il rilancio dell'apprendistato, nella versione semplificata del Testo unico, imponeva un intervento restrittivo sui tirocini.
Era questo l'impegno formalizzato da Governo, Regioni e parti sociali nell'intesa del 27 ottobre 2010, dove i percorsi formativi per i giovani venivano riqualificati nell'ottica della occupabilità e qualità del lavoro. Un impegno ribadito con l'intesa dello scorso 11 luglio. Nel condividere gli esiti del confronto tra Governo e Regioni, i sindacati confermavano il consenso alla riforma dell'apprendistato condizionandolo, tuttavia, a una azione su scala nazionale di contrasto verso l'uso distorto dei tirocini.
In realtà, come chiarito dalla Corte Costituzionale, la competenza in materia è delle Regioni che tuttavia, salvo poche eccezioni, non hanno fin qui provveduto a una disciplina organica degli stage. Ne è scaturito un quadro normativo multiforme, quanto lacunoso e frammentato, complessivamente inadeguato rispetto all'obiettivo di prevenire abusi e degenerazioni. In assenza di leggi regionali resta peraltro operativo l'articolo 18 della legge 196/1997, espressione tuttavia di un modello giuridico-istituzionale di organizzazione del mercato del lavoro largamente superato.
L'articolo 11 del Dl 138/2011 contempla ora una disciplina alquanto sommaria dei tirocini, tale da non invadere la competenza delle Regioni. Ricordare, come fa la circolare del ministero del Lavoro, le finalità dell'intervento aiuta a sciogliere i principali nodi interpretativi.
A partire dal campo di applicazione del decreto che riguarda esclusivamente i «tirocini formativi e di orientamento», quelli cioè legati ai percorsi di transizione dalla scuola o dall'Università al lavoro. Con esclusione pertanto, come da espressa previsione legislativa, non solo dei «tirocini curriculari», ma anche dei «tirocini di reinserimento/inserimento al lavoro» promossi a favore di disoccupati e inoccupati.
Obiettivo del decreto è definire alcuni livelli essenziali di tutela dei giovani nella transizione dal sistema educativo/formativo al mercato del lavoro. Ciò in coerenza con l'attuale campo di applicazione dell'articolo 18 della legge 196/1997 che, al comma 1, individua espressamente come tirocini formativi e di orientamento unicamente quelli che danno luogo a «momenti di alternanza tra studio e lavoro» ovvero a iniziative volte ad «agevolare le scelte professionali mediante la conoscenza diretta del mondo del lavoro».
È lo stesso decreto a precisare che, per i profili sostanziali e procedurali della fattispecie, la normativa di livello statuale - e segnatamente il regolamento di attuazione della legge 196/1997 - trova applicazione solo in assenza di una specifica normativa regionale e, dunque, con carattere cedevole. A conferma dell'intento del decreto di voler limitare il proprio intervento all'area (esterna alla fattispecie) del corretto utilizzo dei tirocini formativi e di orientamento.
Stante la precisa e limitata finalità della misura, il Dl 138/2011 non si occupa della parte sostanziale e procedimentale delle diverse tipologie di tirocinio.
Considerate le persistenti criticità nell'utilizzazione dei tirocini formativi e di orientamento - e per certi versi anche dei tirocini con mera finalità di reinserimento nel mercato del lavoro - nulla esclude che Governo, Regioni e parti sociali pervengano nei prossimi mesi alla definizione di linee guida di dettaglio, valide per l'intero territorio nazionale, anche per questi ulteriori profili.
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