Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 26 settembre 2011 alle ore 19:35.

My24

Se l'intercettazione è autorizzata, è possibile usare, nello stesso procedimento e per lo stesso imputato, anche le notizie che riguardano un reato diverso da quello per cui si procede e per il quale l' "ascolto" non è invece previsto. La Corte di cassazione con la sentenza 34735 (si legga il testo sul sito di Guida al diritto) chiarisce i limiti dell'utilizzo delle informazioni carpite con l'intercettazione che riguardano un crimine diverso da quello per cui lo strumento è stato disposto.

Le condizioni che legittimano l'uso
Le sole condizioni poste riguardano l'utilizzo delle notizie nello stesso procedimento, il collegamento o la connessione dei reati imputabili allo stesso indagato. A rendere possibile l'ampliamento dell'indagine – spiega la Corte – è la regolarità dell'autorizzazione di partenza disposta per uno dei delitti contemplati dall'articolo 266 del codice di procedura penale (nel caso specifico si trattava di reati contro la pubblica amministrazione) che contiene un elenco tassativo dei casi in cui può essere disposta l'intercettazione.

L'articolo interessato, nel caso le notizie fossero invece destinate alla trattazione di procedimenti diversi, sarebbe il 270. In tal caso il codice di rito consente l'uso dei dati solo quando si tratta di reati per i quali è obbligatorio l'arresto in flagranza. Quando scatta la tutela della riservatezza - L'"ombrello" dell'autorizzazione unito alla condizione di unico procedimento e unico soggetto, sia pure imputato per fatti distinti ma connessi e collegati, fa sì che sia limitato anche il diritto alla privacy. La necessità di bilanciare «l'inderogabile esigenza di prevenire e reprimere reati e quella di inviolabilità e segretezza delle comunicazioni», affermata dalla Corte costituzionale con la sentenza 81/1993, assume un aspetto diverso solo se nell'intercettazione emerge un fatto autonomo riguardante un terzo estraneo.

La prescrizione per l'ex ministro Sirchia
La Corte ha respinto dunque il ricorso teso a far dichiarare l'inutilizzabilità di parte delle intercettazioni disposte nell'ambito dell'inchiesta sulle tangenti pagate nei reparti di ematologia di diversi ospedali italiani in cui sono stati coinvolti l'amministratore delegato della Haemonetics Italia e il direttore commerciale della stessa società. Tra i ricorrenti anche l'ex ministro tecnico della Sanità nel secondo governo Berlusconi Girolamo Sirchia, condannato a 5 mesi di reclusione per il reato, prescritto, di corruzione e turbativa d'asta. A lui la Cassazione ha riconosciuto i benefici di legge per l'esiguità della condanna negati in secondo grado, ma ha negato l'assoluzione nel merito.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi