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Questo articolo è stato pubblicato il 19 ottobre 2011 alle ore 21:22.
Sull'applicazione della precedente versione del redditometro va registrato un pronunciamento della Corte di Cassazione (sentenza n. 237 del 9 gennaio 2009), secondo il quale i due periodi d'imposta in cui si verificava lo scostamento non necessariamente dovevano essere consecutivi. Ciò, però, porterebbe a ritenere che, una volta riscontrata, per una determinata annualità, l'incongruenza tra reddito dichiarato e quello accertato attraverso il vecchio redditometro, sarebbe stato sufficiente che lo scostamento si fosse realizzato anche per un altro periodo, senza limite temporale alcuno (magari considerando anche un periodo d'imposta "prescritto"), perché risultasse legittimato l'accertamento.
Il nodo dei periodi d'imposta
La Corte ha affermato che dalla «interpretazione letterale della norma non si ricava che i due o più periodi d'imposta devono essere consecutivi, né che essi devono necessariamente essere anteriori a quello per il quale si effettua l'accertamento, essendo sufficiente, secondo la disposizione in esame, che il reddito dichiarato non risulti congruo rispetto ai predetti elementi per due o più periodi d'imposta».
Questa conclusione, tuttavia, sembra considerare la questione solamente sotto il profilo letterale, senza indagare le ragioni per le quali è stato espressamente previsto che la non congruità deve riguardare «due o più periodi d'imposta».
Tale motivazione deve rintracciarsi nel presupposto del vecchio accertamento redditometrico, cioè la disponibilità di determinati beni e servizi, che non poteva essere occasionale. In sostanza, la disponibilità di un determinato bene o servizio doveva risultare costante nel tempo - altrimenti si sarebbe andato a determinare un risultato occasionale o straordinario - e questa costanza nel tempo della disponibilità è stata individuata dal legislatore figurativamente in due o più periodi d'imposta: i quali, quindi, non potevano che risultare consecutivi.
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