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Questo articolo è stato pubblicato il 19 ottobre 2011 alle ore 08:40.

Senza nuovi interventi sulla spesa la riforma fiscale porterà un aumento della pressione fiscale oltre il 44% già a partire dal 2012. Non solo. Senza una vera riforma fiscale non potrà esserci nei fatti un vero rilancio dello sviluppo. Ne è certo Claudio Siciliotti, presidente del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili, che in audizione sulla riforma fiscale davanti alla commissione Finanze del Senato, ha rimarcato come sia necessario passare dal lato della spesa per recuperare «i 4, poi 16 e infine 20 miliardi già messi a bilancio previsionale» dal rimodulazione delle agevolazioni.
Se si agirà solo sul taglio delle tax expenditures «la riforma fiscale che andremo a varare non soltanto non potrà in alcun modo ridurre la pressione fiscale complessiva, ma anzi dovrà implicitamente definire le modalità del suo aumento. Un aumento su cui lo Stato, ad oggi, fa già affidamento per raggiungere l'obiettivo del pareggio di bilancio».
Non convince i commercialisti la scelta del Governo di aver già utilizzato, in nome del pareggio di bilancio, alcune delle principali fonti di finanziamento della riforma fiscale. «A partire dall'Iva – ha sottolineato Siciliotti – dove si sarebbe potuto aumentare anche l'Iva fino al 22% prevedendo anche che un parte dell'aumento fosse destinata alla riduzione del carico fiscale sui redditi da lavoro».
Riduzione che può passare anche per una patrimoniale: «un aumento della tassazione sui redditi che derivano dalla ricchezza immobiliare e della previsioni di prelievi di tipo patrimoniale sia sulla ricchezza mobile che su quella immobile - ha indicato Siciliotti - se davvero finalizzate e contestualmente reimpiegate alla riduzione del prelievo fiscale sui redditi di lavoro e produzione, non ci vede pregiudizialmente contrari».
Sul fronte della lotta all'evasione Siciliotti ha ribadito che la categoria è «d'accordo nel ragionare in modo sempre più stringente sul fronte della tracciabilità dei pagamenti» ma i commercialisti sono preoccupati per «le sempre più roboanti dichiarazioni volte a rinvenire nella lotta all'evasione fiscale il serbatoio principale cui attingere per sistemare i conti dello Stato». C'è il rischio di innescare nuovi "conflitti" con un recupero di gettito aggressivo, soprattutto quando il Fisco è pronto a disconoscere la deducibilità di costi sostenuti dalle imprese: «l'obiettivo deve essere quello di far emergere il sommerso, più che questionare, contestare e disconoscere ciò che viene dichiarato».
Per l'arrivo del nuovo redditometro (si veda anche l'articolo a pagina 33), Siciliotti a margine dell'audizione, ha ricordato che per i commercialisti «il redditometro è uno strumento essenziale per la lotta all'evasione, è trasversale, democratico che tocca dipendenti, autonomi e anche disoccupati, quando tanto disoccupati non sono».
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