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Questo articolo è stato pubblicato il 09 dicembre 2011 alle ore 07:37.

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Le persone che avranno maturano i requisiti anagrafici e contributivi entro quest'anno andranno in pensione con le vecchie regole. Potranno evitare il contributivo pro rata, cioè il metodo di calcolo basato su contributi versati e speranza di vita, per i versamenti accreditati dal 1° gennaio 2012. Allo stesso modo potranno bypassare l'aumento dell'età pensionabile.

Per sfuggire alla riforma delineata dalla manovra Monti (decreto legge 201/2011) occorrerà raggiungere, entro dicembre, 60 anni per la pensione di vecchiaia delle donne del settore privato, 61 per le lavoratrici del pubblico impiego. Per gli uomini basteranno i 65 anni. Nel contempo occorrerà aver accumulato almeno 20 anni di contributi.
Per le pensioni di anzianità, quanti avranno raggiunto entro dicembre i 40 anni di contributi potranno andare in pensione a prescindere dall'età. Possibile anche la strada del trattamento anticipato attraverso il sistema delle quote: occorrerà perfezionare, entro dicembre, almeno 60 anni di età e 36 di contributi (in alternativa, 61 anni e 35 di versamenti) per i lavoratori dipendenti (la quota "96" accomuna uomini e donne) e almeno 61 anni di età e 36 di contributi per gli autonomi (in alternativa, 62 anni e 35 di versamenti).

Tutti questi lavoratori potranno chiedere all'istituto di previdenza la certificazione dei requisiti; una volta "incassato" il diritto qualcuno potrebbe scegliere di continuare a lavorare, per accumulare altri contributi e aumentare l'importo degli assegni.
Attenzione, però: per i lavoratori che raggiungono i requisiti nel 2011 continua a valere il vecchio regime delle decorrenze: per incassare l'assegno occorrerà aspettare 12 mesi per i lavoratori dipendenti e 18 per gli autonomi. La pensione sarà in pagamento dal mese successivo al termine della "finestra".

Dalle nuove regole previdenziali sono risparmiati anche coloro che sono stati autorizzati alla prosecuzione volontaria prima del 31 ottobre 2011: questa esenzione è particolarmente importante per le donne che hanno lasciato il lavoro, per esempio per provvedere alla cura della famiglia, senza aver raggiunto i 20 anni di contributi per ottenere la pensione di vecchiaia.
Con il nullaosta Inps ai versamenti volontari, le donne potranno continuare ad andare in pensione a 60 anni, un'età che potrebbe però essere innalzata per effetto del meccanismo che aumenta l'età per ottenere l'assegno con il miglioramento della speranza di vita. Anche in questo caso, però, ci sarà da mettere in conto la finestra di un anno che separa la maturazione dei requisiti dalla decorrenza della pensione. Non incappano nella riforma neanche i dipendenti pubblici che, prima del 31 ottobre 2011, hanno chiesto di essere esonerati dal servizio.

Inoltre, possono continuare ad andare in pensione a 57 anni le lavoratrici dipendenti (o a 58 le autonome) che hanno optato per il contributivo. Le lavoratrici devono accumulare almeno 35 anni di contributi.
Questo canale di pensionamento è previsto dalla legge 243/2004. Probabilmente, il legislatore ha scelto di seguire il principio di affidamento per le lavoratrici che potevano usufruire del sistema di calcolo misto (retributivo per gli anni di contribuzione precedente il 1986 e contributivo dal 1986 in poi) e che hanno scelto il criterio contributivo per valorizzare tutti i versamenti in cambio di un'uscita anticipata dal lavoro.

Il metodo contributivo, in ogni caso, concede un'uscita anticipata a quanti hanno iniziato a lavorare dopo il 1° gennaio 1996: i lavoratori potranno andare in pensione a 63 anni, a condizione che siano stati versati almeno 20 anni di contributi effettivi e che l'ammontare mensile della prima rata di pensione non sia inferiore a un "importo soglia", pari per il 2012 a 2,8 l'assegno sociale Inps.

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