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Questo articolo è stato pubblicato il 20 febbraio 2012 alle ore 06:47.

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La quota parte dei ricavi da tariffa percepiti da una società concessionaria di servizi pubblici va conteggiata al denominatore ai fini del calcolo dell'incidenza della spesa di personale su quella corrente del singolo Comune. Così la sezione regionale di controllo della Corte dei conti della Toscana con la deliberazione 3/2012, in merito alla corretta interpretazione dell'articolo 76, comma 7, della legge 133/08, modificato dall'articolo 20, comma 9, del Dl 98/11.
La questione interpretativa, già deferita alla sezione delle Autonomie (che si è espressa con la deliberazione 14/2011), è stata affrontata con una corretta distinzione tra i diversi moduli gestionali adottati dagli enti locali. Poiché il costo di personale della partecipata da imputare al singolo Comune si ottiene applicando al totale della voce B9 del conto economico la percentuale di incidenza dei ricavi associati agli utenti di ciascun ente proprietario sul valore totale della produzione, la stessa quota di ricavi va sommata alla spesa corrente del Comune. Secondo i giudici, se il Comune proprietario introitasse direttamente la tariffa, tale somma sarebbe naturalmente compresa nella sua spesa corrente; pertanto non deve crearsi disomogeneità dei dati e, soprattutto, disuguaglianza degli esiti a seconda che vi sia stato o meno ricorso alla gestione esternalizzata di un servizio. Questo metodo deve poi essere adottato per ciascun organismo partecipato nei cui confronti l'ente detenga il controllo ai sensi dell'articolo 2359, comma 1, numeri 1 e 2 del Codice civile.
Diverse sono le modalità di calcolo del parametro di cui all'articolo 76, comma 7, della legge 133/08, in caso di Unioni di Comuni. Se, da un lato, a esse si applica la disciplina sui limiti di spesa di personale per gli enti non sottoposti al patto di stabilità interno, dall'altro il consolidamento dei conti del Comune con entità esterne, rammentano i magistrati toscani nella delibera 7/2012, riguarda solo le società. L'articolo 1, comma 562, della legge 296/06 stabilisce che, per gli enti non sottoposti alle regole del patto di stabilità interno, le spese di personale, al lordo degli oneri riflessi a carico delle amministrazioni e dell'Irap, con esclusione degli oneri relativi ai rinnovi contrattuali, non devono superare il corrispondente ammontare del 2004. Per le Unioni di Comuni ciò comporta il confronto, fra le diverse annualità, della somma della spesa di personale dei Comuni con quella dell'Unione (o della Comunità montana). Ugualmente, il parametro delle cessazioni dell'anno precedente va riferito alla somma delle interruzioni dei rapporti di lavoro nei Comuni e nell'Unione, secondo l'interpretazione delle Sezioni riunite della Corte dei conti, con deliberazione 52/10, per la quale sono cessazioni dell'anno precedente tutte le vacanze verificatesi dall'entrata in vigore della norma limitatrice, non ancora coperte alla data di riferimento. Non esistendo una disposizione normativa esimente, sostiene la Corte, l'Unione di Comuni va considerata quale ente locale singolarmente inteso, in quanto la disciplina dei limiti e dei vincoli in materia di personale è specificamente rivolta al singoli ente.
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