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Questo articolo è stato pubblicato il 12 marzo 2012 alle ore 11:21.

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La roulette del caro-catastoLa roulette del caro-catasto

Un trilocale a Pescara rende come quattro appartamenti a Lucca, e un negozio in centro a Latina equivale a tre negozi assediati dai turisti a Venezia. A pensarla così non è un alieno, ma il fisco italiano, in base alle tariffe d'estimo su cui poggia l'Imu al debutto da quest'anno grazie all'anticipo sul calendario imposto dal decreto Salva-Italia.

Le bizzarrie del catasto sono un fatto noto, ma è proprio la nuova imposta a riportarle al centro dell'attualità, in virtù delle nuove regole che la differenziano rispetto all'Ici. Per garantire quasi 22 miliardi all'anno - al netto delle scelte comunali di alzare le aliquote di riferimento per far quadrare i conti - l'Imu gonfia la base imponibile rispetto all'Ici, applicando i nuovi moltiplicatori che aumentano in genere del 60 per cento la base imponibile.

Risultato: le storture dei valori catastali, indifferenti a qualsiasi dato di realtà attuale sui valori di mercato e sulla effettiva possibilità di produrre reddito con gli immobili, balzano all'occhio (e al portafoglio) in maniera decisamente più immediata rispetto a ieri.

I numeri più eclatanti sono quelli su cui si basa l'imposta pagata dai proprietari di negozi (ma regole simili valgono per gli uffici). Nel caso degli esercenti l'aumento il nuovo moltiplicatore (55, anziché 34 come accadeva per l'Ici) determina l'aumento record del 62% nel valore catastale, e va ad agire su valori fiscali che già in partenza erano più "strani" rispetto a quelli delle altre categorie di immobili. Le conseguenze sono fotografate nella nostra tabella, dov'è indicata l'Imu dovuta nel 2012 (ad aliquota di base, perché in molti Comuni il conto reale sarà reso più salato dagli aumenti di aliquota decisi dai municipi; si veda Il Sole 24 Ore del 9 marzo) da un negozio di 100 metri quadri collocato nel centro storico della città.

Nella città più cara, Roma, il conto arriva a 4.057 euro all'anno, cioè 12 volte tanto l'imposta dovuta dallo stesso negozio a Sondrio. Che il mattone di Via Condotti sia più pregiato di quello del capoluogo della Valtellina è un fatto incontestabile, ma basta scorrere la graduatoria per capire che di razionalità nelle richieste fiscali fissate dalle regole nazionali non ce n'è molta. Oltre al dato di Latina, basta guardare l'Imu di Crotone e Vibo Valentia, che doppia quella di Bergamo o Padova e supera di gran lunga anche Torino. Sul versante abitativo le distanze sono inferiori ma il quadro generale non cambia.

La graduatoria a destra prende in considerazione un appartamento di 100 metri quadrati concesso in locazione, e tassato sempre con l'aliquota di base dello 0,76 per cento. Su questo fronte Venezia diventa la città più cara (1.563 euro all'anno), e chiede 8 volte di più di Lucca, la più economica.

Nasce da queste storture il rilancio annunciato per la riforma del catasto, che secondo i programmi del Governo dovrebbe trovare spazio a breve in una legge delega. Ma tra decreti attuativi e applicazione concreta, per avvicinare i valori fiscali alla realtà ci vorranno almeno un paio d'anni. Nel frattempo, a salvare i conti pubblici ci dovrà pensare l'Imu "storta".

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