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Questo articolo è stato pubblicato il 15 marzo 2012 alle ore 13:38.

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I pazienti del dentista non sono «un pubblico», i clienti degli alberghi invece sì. È sulla base di questa distinzione che la Corte di Giustizia europea ha deciso in modo opposto su casi che sembravano analoghi:

- il primo, proposto dalla Corte d'Appello di Torino, per chiarire se fosse dovuto o meno un «equo compenso» da parte dei dentisti che utilizzano musica diffusa in studio (Sentenza nella causa C-135/10, Società Consortile Fonografici, SCF / Marco Del Corso);

- il secondo, proposto dalla High Court irlandese, per verifcare la correttezza della normativa nazionale che esenta i gestori di alberghi dall'obbligo di versare un'equa remunerazione per l'utilizzo di fonogrammi nelle camere d'albergo in Irlanda (Sentenza nella causa C-162/10 Phonographic Performance (Ireland) Limited / Irlanda, Attorney General).

La Corte ha dato due risposte opposte, esentando i dentisti e obbligando gli albergatori. In entrambe le sentenze, infatti, i giudici precisano che la nozione essenziale per per chiarire l'applicabilità della Direttiva 2006/115/CE del 12 dicembre 2006 (diritto di noleggio, diritto di prestito e taluni diritti connessi al diritto di autore in materia di proprietà intellettuale) è quella di «comunicazione al pubblico» e che si deve verificare caso per caso se avviene questa comunicazione e se c'è un pubblico. Serve - argomentano i giudici - «una valutazione individualizzata, e, per simile valutazione, occorre tener conto di svariati criteri complementari, di natura non autonoma e interdipendenti fra loro».

Il «pubblico»

«Fra tali criteri - prosegue il comunicato diffuso dagli eurogiudici - la Corte ha messo in evidenza, in primo luogo, il ruolo imprescindibile dell'utente. Questi effettua difatti un atto di comunicazione quando, con piena cognizione delle conseguenze del suo comportamento, dà ai suoi clienti accesso a un'emissione radiodiffusa, contenente l'opera protetta. In secondo luogo, la Corte ha precisato taluni elementi inerenti alla nozione di pubblico. A tale riguardo, il "pubblico" deve essere costituito di un numero indeterminato di destinatari potenziali e di un numero di persone piuttosto considerevole».

La Corte spiega poi che il carattere lucrativo di una «comunicazione al pubblico» costituisce un criterio rilevante. «Risulta quindi sottinteso che il pubblico oggetto della comunicazione, da un lato, è il destinatario dell'azione dell'utente e, dall'altro, è ricettivo, in un modo o nell'altro, alla comunicazione da parte di quest'ultimo, e non è "intercettato" casualmente».

Numero e «lucro»

In forza di questa precisazione, i clienti di un dentista sono troppo pochi per essere un vero pubblico e nel loro ascolto non si riscontra un «carattere lucrativo» da parte del dentista. Mentre i clienti di un albergo sono, a parere dei giudici, una popolazione abbastanza numerosa e l'offerta del gestore ha «carattere lucrativo». Perciò il gestore deve versare «un'equa remunerazione per la riproduzione del fonogramma, in aggiunta a quella versata dall'emittente radiofonica. Quando, infatti, il gestore di un albergo diffonde via radio un fonogramma nelle camere dei clienti, egli utilizza tale fonogramma in modo autonomo e lo trasmette ad un pubblico diverso e ulteriore rispetto a quello considerato dall'atto di comunicazione d'origine. Inoltre, attraverso detta trasmissione, il gestore in parola riceve dei benefici economici che sono indipendenti da quelli ottenuti dall'emittente o dal produttore di fonogrammi».

Per i clienti del dentista, invece, la Corte - rifiutando le conclusioni dell'avvocato generale, che si era pronunciato nel senso opposto - precisa che «si recano presso uno studio medico dentistico unicamente allo scopo di essere curati, giacché una diffusione di fonogrammi non è minimamente collegata alla prassi delle cure dentistiche. È in modo fortuito e indipendentemente dalla loro volontà che detti clienti godono dell'accesso a taluni fonogrammi, in funzione del momento in cui arrivano allo studio, della durata della loro attesa e del tipo di trattamento ricevuto. In siffatto contesto non si può presumere che la normale clientela di un dentista sia ricettiva rispetto alla diffusione di cui trattasi».

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