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Questo articolo è stato pubblicato il 20 marzo 2012 alle ore 09:24.

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Capitali sempre in fuga: oltreconfine 2,3 miliardiCapitali sempre in fuga: oltreconfine 2,3 miliardi

ROMA - Capitali sempre più in fuga dall'Italia. Il denaro esportato legalmente è stato pari a quasi 2,3 miliardi nel corso del 2010: un flusso di banconote che per il 75% si è diretto tra Svizzera, San Marino e Lussemburgo. Ma il trasferimento viaggia sempre di più sui binari dell'illegalità anche attraverso i money transfer e le nuove tecnologie. E per contrastare il fenomeno occorre una polizia economica finanziaria efficiente e all'avanguardia come è la Guardia di Finanza, ha sottolineato Marco Minniti (Pd), presidente della Fondazione Icsa, nel corso della tavola rotonda svoltasi ieri a Montecitorio per fare il punto su come combattere la fuga di capitali.

Il comandante dei reparti speciali Giorgio Toschi ha evidenziato la trasversalità dell'operatività delle Fiamme Gialle chiamate a operare su un mercato sempre più globalizzato. Evasione e riciclaggio, infatti, ormai costituiscono un unicum. Anche il procuratore aggiunto della Procura di Milano, Francesco Greco, sostiene che non si possono fare sconti: sul riciclaggio - sottolinea il magistrato - occorre il penale soprattutto nei casi di autoriciclaggio, mentre sull'evasione «non si può contrastare la criminalità economica se la maggior parte dei reati che riguarda questo settore si prescrive dopo sette anni e mezzo. Anche perché si tratta di reati che, di media, si scoprono dopo 4/5 anni dalla commissione e dunque ogni indagine rischia di finire nel nulla». «I reati fiscali - conferma il direttore delle Entrate, Attilio Befera - vanno sostanzialmente in prescrizione e questo perché vengono rilevati al massimo in sede di dichiarazione. Significa, nella migliore delle ipotesi, due anni dopo che sono stati commessi». Dunque, è la conclusione di entrambi, «va rivista» la normativa sui reati fiscali. «È completamente superata dai fatti» ha precisato Greco.

Lo studio della Guardia di Finanza e presentato ieri evidenzia come il fenomeno è in costante crescita. Le violazioni accertate dalla GdF nello scorso anno sono state 2.508, vale a dire il 28,9% in più rispetto al 2010. Tutti i casi in cui lo spostamento del denaro è avvenuto dribblando l'obbligo di dichiarazione valutaria e il limite massimo dei 10mila euro trasferibili oltreconfine.
Uno dei canali privilegiati, ha spiegato il generale Bruno Buratti, comandate del III reparto operazioni del Comando generale della Guardia di Finanza è diventato il money transfer, cresciuti da 700 a 35mila in poco tempo e diventato il canale per le rimesse di denaro all'estero. I dati dello studio, ha sottolineato Buratti, rilevano che già nel 2009 il 27,5% delle rimesse verso l'estero (1.463 miliardi di euro su 5.325) era stato inviato in Cina. Il 93,5% provengono da tre sole città: Roma (46,6%), Prato-Firenze (36,2%) e Milano (10,7%). Le Fiamme gialle hanno esaminato un campione di 432.300 transazioni e hanno scoperto che gli importi trasferiti sono in gran parte poco al di sotto della soglia consentita (2mila euro) oltre alla quale chi spedisce deve fornire informazioni sull'operazione. Ma non solo. Una vasta platea di mittenti ha inviato a distanza di poco tempo a soggetti diversi, titolari di differenti conti. Inoltre lo stesso soggetto ha fornito domicili diversi, ancora sono emerse vere e proprie anomalie: persone diverse che hanno esibito lo stesso documento o hanno utilizzato le stesse coordinate bancarie per soggetti diversi.

Ma attenzione ai tradizionali e vecchi "spalloni". Il capo del III reparto della Guardia di Finanza ha ricordato che almeno 1.200 imprenditori italiani che operano nelle vicinanze della repubblica di San Marino hanno trasferito ingenti somme nelle banche del Titano.

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