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Questo articolo è stato pubblicato il 24 marzo 2012 alle ore 10:11.
«La mafia uccide d'estate. La politica anche». Non sarà stato molto amato, ed è un eufemismo, dall'avvocatura, il ministro della Giustizia del governo Berlusconi Angelino Alfano, ma come autore di libri è venuto buono al presidente dell'Oua, Maurizio de Tilla, che ha mutuato dal titolo del suo volume sugli anni da ministro un passaggio del suo attacco alla politica. Chiaro il riferimento alla manovra dell'estate scorsa per gli interventi sulle professioni. Toni polemici, irridenti e amari che hanno caratterizzato la relazione inaugurale del congresso straordinario dell'avvocatura che si è aperto ieri a Milano.
Un congresso che vede l'avvocatura sospesa tra il timore di essersi infilata in un cul de sac, dalle difficili vie d'uscita, e l'orgoglio dell'isolamento. Di certo la grande assente ieri è stata la politica. Sia nelle vesti del ministro della Giustizia, Paola Severino, che, dopo aver incontrato due volte gli avvocati al ministero, ieri si è limitata a mandare un formale messaggio d'auguri, che dei parlamentari, quasi del tutto assenti.
E de Tilla non le ha mandate a dire: «È in corso – ha sostenuto in un applaudito intervento – un attacco costante agli avvocati, causato da una subordinazione della politica alle ragioni dei poteri forti, con un completo svuotamento delle prerogative del Parlamento, anche con un ricorso vergognoso ai decreti legge».
«Nel nostro Paese assistiamo a una crisi di democrazia e di rappresentanza e l'avvocatura non è più disposta a continuare a subire senza reagire – ha concluso de Tilla –. Siamo oltre 230mila, altro che casta, e costituiamo un bacino di oltre un milione di voti. Ora, ne abbiamo preso coscienza e ne trarremo le dovute conseguenze: non voteremo chi ha affossato la professione forense dando la fiducia. Anzi, chiediamo da questa assise che questi avvocati-parlamentari abbiano la coerenza di dimettersi dall'albo professionale».
Il Consiglio nazionale forense, nell'intervento del vicepresidente Ubaldo Perfetti, sottolinea come «l'avvocatura deve combattere la visione mercatistica che si sta imponendo nel Paese. Gli ultimi interventi, dalla manovra di luglio al decreto Cresci-Italia, stanno modificando profondamente il volto della professione e con arroganza lo fanno con atti amministrativi regolamentari. È così che incideranno su una attività professionale che è riconosciuta dalla Costituzione».
«Quel che è peggio è che con la stessa visione si interviene sul processo e sulla tutela dei diritti – avverte il vicepresidente Cnf –, con provvedimenti che apparentemente sembrano frammentari (mediazione obbligatoria, aumenti dei costi di accesso alla giustizia, sanzioni pecuniarie nel processo) ma che in realtà corrispondono a un disegno preciso: mettere in crisi il monopolio statale della giurisdizione, privatizzare la giustizia. Contro questo disegno l'avvocatura deve reagire».
Per il presidente della Cassa forense, Alberto Bagnoli, «è chiaro che questo Esecutivo non ci riserverà alcun trattamento privilegiato, al contrario cercherà in tutti i modi di scardinare il nostro sistema – continua Bagnoli –. Lo sta già facendo chiedendoci misure per garantire un equilibrio di bilancio da qui a 50 anni, per altro senza considerare i patrimoni. Se non si raggiungerà questo obiettivo scatterà la sanzione: il passaggio al contributivo pro-rata e l'applicazione di un contributo di solidarietà dell'1% da parte di tutti i pensionati. Ma questo, parliamoci chiaro, significherà raddoppiare la contribuzione, dal 13% al 26%, con ovvie ripercussioni sulla già grave situazione reddituale degli avvocati».
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