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Questo articolo è stato pubblicato il 29 marzo 2012 alle ore 08:24.

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Professionista responsabile per la violazione fiscale imputata alla società solo se è stato l'ideatore dell'operazione illecita e se ne ha tratto un beneficio diretto. A puntualizzare i confini della responsabilità professionale è la commissione tributaria di Reggio Emilia con sentenza depositata il 22 marzo scorso (presidente e relatore Massimo Crotti).

La pronuncia ha annullato la sanzione pecuniaria di 771mila euro a carico di un professionista che aveva svolto attività di consulenza a favore di una società. Accertata l'esistenza di una serie di contratti senza causa per gli anni 2004/2006 l'agenzia delle Entrate aveva inflitto la punizione al professionista considerandolo responsabile di un comportamento doloso di suggeritore sulla base dell'articolo 5 comma 4 del decreto legislativo n. 472 del 1997.

Di fronte al ricorso presentato dalla difesa, i giudici circoscrivono il perimetro della loro indagine all'accertamento di due condizioni. Va valutato innanzitutto se il professionista può essere considerato l'ispiratore dell'operazione «cioè a dire se egli l'abbia ideata, programmata e confezionata per il cliente». E poi va considerato se il consulente ha poi tratto anche un vantaggio dall'illecito della società. Con una precisazione sulla nozione allargata di vantaggio: l'avere architettato una condotta evasiva illecita potrebbe permettere al professionista un beneficio economico anche in termini di nuova clientela e fidelizzazione di quella esistente.

Esaurita la premessa metodologica, la pronuncia si addentra nell'accertamento di merito e sottolinea che l'operazione di stock-lending contestata fu oggetto di una delibera del consiglio di amministrazione della società interessata dopo un'accurata esposizione del presidente del cda stesso. Una modalità che porta i giudici a escludere un coinvolgimento diretto del consulente fino a fargli assumere un ruolo attivo nella complessiva operazione. Ricevette certo la documentazione e illustrò l'operazione alla società, ma poi vennero raccolti anche pareri esterni che supportavano la convenienza economica.

Così, il professionista ha indicato senza dubbio un'opportunità al proprio cliente nel l'ambito di una serie di operazioni finanziarie senza però avere in alcun modo partecipato all'ideazione e alla pianificazione di tutta l'operazione. Quest'ultima, in realtà, venne progettata da un operatore finanziario, avallata da autorevoli pareri e sottoscritta da almeno 200 imprese italiane non collegate tra loro.

Quanto al vantaggio economico, le risultanze non sono affatto chiare e conducono a escludere la responsabilità del professionista anche a solo titolo di concorso.

Infatti a fronte di un'evasione presunta di svariate centinaia di migliaia di euro, il consulente ottenne solo una parcella accertata di 1.300 euro. Una parcella che, comunque, spiega la sentenza, da sola è insufficiente a sostanziare un vantaggio che potrebbe anche essere più largo, ma che l'agenzia delle Entrate si è comunque guardata dal provare.

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