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Questo articolo è stato pubblicato il 02 aprile 2012 alle ore 10:43.

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L'acconto per l'Imu diventa un rebus (Corbis)L'acconto per l'Imu diventa un rebus (Corbis)

La disciplina dell'Imu si arricchisce di particolari, ma complica ulteriormente il rebus del primo appuntamento effettivo alla cassa, fissato per il 18 giugno prossimo con il versamento dell'acconto (il 16 cade di sabato).

È questo il risultato degli emendamenti dei relatori alla legge di conversione del decreto fiscale (si veda Il Sole 24 Ore di venerdì), che nascono dalla difficoltà di avere in tempi brevi un quadro chiaro sui gettiti reali dell'imposta e offrono quindi più tempo ai sindaci per fissare le aliquote definitive. In pratica, secondo gli emendamenti le amministrazioni locali potranno prendersi fino al 30 settembre per decidere le aliquote definitive da applicare alle diverse tipologie di immobili; nulla, però, si dice sulle modalità di calcolo da seguire per effettuare il versamento dell'acconto mettendosi al riparo da eventuali sanzioni riservate a chi paga una prima rata troppo leggera.

Il problema era già emerso dopo che il «Milleproroghe» aveva fatto slittare al 30 giugno i termini per chiudere preventivi e regolamenti tributari ma naturalmente si complica ora che la distanza fra la scadenza per l'acconto e quella per le aliquote definitive si allunga da due settimane a tre mesi e mezzo. Una prima versione del decreto fiscale aveva deciso di ancorare i calcoli dell'acconto alle aliquote di riferimento fissate dal decreto «Salva-Italia» (4 per mille per l'abitazione principale e 7,6 per mille per gli altri immobili, con eccezioni per categorie particolari come i fabbricati strumentali all'attività agricola) ma nel testo approvato dal Governo non c'è traccia della previsione. Alla luce dei nuovi emendamenti, la questione si fa ancora più urgente.

I correttivi diffusi nella serata di giovedì, che saranno votati lunedì, si incaricano anche di tornare sugli obblighi dichiarativi, resi urgenti dalle tante novità determinate nel passaggio dalla disciplina Ici a quella dell'Imu. La nuova imposta, per esempio, permette di trattare come abitazione principale solo un garage, una cantina e una tettoia, mentre l'Ici consentiva una geografia delle pertinenze più generosa, e una stretta ancora più drastica arriva per le assimilazioni.

La nuova regola proposta dagli emendamenti fissa la prima scadenza al 30 luglio prossimo (quindi, anch'essa, un mese e mezzo dopo i termini dell'acconto) per gli immobili già posseduti allo scorso 1° gennaio e, proprio a causa delle tante novità portate dall'Imu rispetto alla vecchia imposta comunale sugli immobili, appare destinata a imbarcare un'ampia platea di contribuenti. Sarà comunque un decreto ministeriale, previsto dal decreto legislativo sul federalismo dei sindaci (articolo 9, comma 6 del Dlgs 23/2011) ma non ancora varato, a stabilire le modalità della dichiarazione, che senza dubbio sarà più ricca di informazioni rispetto alle dichiarazioni Ici.

Le novità messe nero su bianco dai relatori al provvedimento si occupano poi di alleggerire un po' il carico agli agricoltori, esentano i fabbricati sopra i mille metri quadrati (per i terreni continuano invece a operare le vecchie esenzioni nei Comuni collinari e montani), reintroducono forme di abbattimento dell'imponibile e tagliando l'acconto al 30% per i terreni. "Salvati" dalla quota erariale dell'imposta gli immobili di Iacp e cooperative edilizie a proprietà indivisa, insieme al mattone dei Comuni utilizzato per scopi non istituzionali che per questa via esce del tutto dall'ambito Imu.
Sull'intera partita, però, pesano le ristrettezze del bilancio pubblico, che per esigenze di copertura lasciano fuori dai correttivi una ricca platea che invece guardava con speranza al passaggio parlamentare. In prima fila ci sono i proprietari di immobili dati in affitto, che nel passaggio all'Imu vanno incontro a regole che moltiplicano la vecchia Ici per 2-3 volte quando il canone è di mercato e arrivano a decuplicarla quando l'affitto è a canone concordato. Il colpo rischia di essere duro per il mercato degli affitti (e letale per i canoni concordati) già frenato dalla crisi economica. Un ritocco, inaspettato, è invece giunto per i proprietari di dimore storiche, che si vedono gonfiare l'imponibile e di conseguenza il conto presentato dall'Imu.

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